Dettagli Recensione
Dare senso al caos
Amo la capacità che ha questo scrittore di coinvolgermi immediatamente nel racconto e nei personaggi che lo popolano, l’abilità che ha nel riuscire a costruire un legame emotivo tra me che leggo e le ambientazioni, i colori, gli odori, i rumori, i silenzi. Riesco a percepire tutto. E mi succede di sorridere di approvazione, di compiacimento, come nel breve scambio di battute tra il piccolo delinquente Albanese Francesco e il maresciallo maggiore Pietro Fenoglio.
L’ambientazione è Bari.
Appare chiaro che, gli avvenimenti che ci vengono narrati, sono stati spesso vissuti in prima persona da Carofiglio quando ha ricoperto il ruolo di Pubblico Ministero Antimafia. Ne è traccia inconfondibile la delicatezza con cui tratta temi molto delicati.
Sempre molto meticoloso nel racconto dei fatti, mai approssimativo, non pretende che il lettore sia già informato o si informi da sé sulle dinamiche e sulle procedure, ma ci supporta nella lettura con semplici ma utili indizi e spiegazioni dello svolgimento giudiziario.
A ben vedere, tutta la narrazione appare un espediente per un racconto molto più importante. Nulla è lasciato al caso. Tutto ha un ruolo ben preciso in questo che è certamente un romanzo politico e storico che racconta l’Italia del 1992; l’anno delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio, che vengono apertamente ricordate, per sottolineare cosa ha significato la lotta alla mafia, e quanto sembrano lontani quei tempi, in cui ci sono stati “uomini qualunque, uomini normali”, per indicare l’eccezionalità di ciò che facevano e la consapevolezza di ciò che avrebbe loro comportato.
“Aveva un sorriso ironico, Giovanni Falcone. Però di un’ironia appena accennata. Mentre lo osservavo, a tavola, mi dicevo che era come un antidoto, quell'ironia sottotraccia. Normalità e ironia. Forse è così che si affronta il mostro. Ecco, la lezione a quell'incontro di studio non fu il contenuto della conferenza in aula, la conferenza che non ricordo. La lezione fu quello stare a tavola normale, quel sorriso vagamente ironico, quel darsi del tu con noi ragazzini. Era come se dicesse: lo sappiamo tutti che sono - ma in realtà siamo - nel mezzo di un gioco mortalmente pericoloso. Nemmeno questo però ci impedirà di sorridere. Altrimenti avrebbero già vinto gli altri.”
Il titolo “ l’estate fredda” vuol far riferimento alla data, al 12 giugno 1992, quando finalmente il capitano Valente e il maresciallo Fenoglio possono eseguire una serie di provvedimenti che vengono notificati nella notte ai tanti indagati. Piove, e il termometro segna l’incredibile temperatura di 11 gradi. E’ sicuramente una metafora atmosferica. Fuori è buio e cade la pioggia come in autunno.
“Ah vuoi un consiglio? Va bene, stai lontano dalla merda.
Ho sempre pensato che quello fosse il miglior consiglio che avessi mai sentito. Anche tu passi vicino alla merda, come noi tutti. Ma gli schizzi non ti arrivano mai.”
Buone prossime letture.