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Freddo e paura per il commissario De Luca
Torna il commissario De Luca, creatura di carta di Carlo Lucarelli ne L’inverno più nero. Un libro dai contenuti tristi, tormentati, dove si respira una paura atavica, che affonda le sue radici nel periodo descritto. Una paura che trova un suo alleato simbolico nel vivido freddo, per cui:
“Ci sono freddi diversi, anche in inverno. Ci sono quelli che fanno male alle ossa, quelli che strizzano la testa e ci sono quelli che bruciano la gola e i polmoni. Ma il suo era un altro, perché non era entrato con l’aria ghiacciata della stagione, e neanche con quella umida di quella stanza gelida e nuda. Veniva da dentro il freddo che gli stringeva lo stomaco e il cuore. Era il freddo della paura.”
Ed è sicuramente l’inverno più freddo per il nostro protagonista De Luca, che si trova in una posizione a dir poco imbarazzante: vorrebbe continuare a fare il poliziotto, ma viene inquadrato nella polizia politica di Salò, per non parlare della Resistenza partigiana. A tutto questo quadro di per sé già angosciante si aggiunge il suo personale tormento di vita e di esistenza, per il quale:
“De Luca guardò quei volti lividi che lo spiavano dagli occhi socchiusi, le bocche mezze aperte nel sorriso fisso dei morti. Li conosceva, ne aveva visti tanti di quegli sguardi e di quei sorrisi, non quelli ma altri, li aveva studiati, sognati di notte e non erano un incubo a soltanto un prolungamento delle indagini, addirittura auspicato prima di andare a dormire. “
Il ritrovamento di tre cadaveri nella Sperrzone, il centro di Bologna sorvegliato dai soldati della Feldgendarmerie, sarà per De Luca motivo di ulteriore angoscia. Soprattutto l’ultimo gli dà da pensare: è un tedesco e il nostro commissario teme la rappresaglia tedesca. Si tratta di un uomo:
“mummia senza naso , senza occhi e senza labbra trovata nella casa bombardata di via del Fossato. (…) ora, in aggiunta ai morsi dei topi, aveva anche un taglio a forma di y che gli apriva la gola fino in mezzo alle clavicole.”
Ciò nonostante condurrà le indagini, pur tra mille difficoltà, e riuscirà a stabilire una parvenza di identità adatta ai tempi.
Ambientato nella Bologna del 1944 meravigliosamente descritta, dove:
“Dentro le mura Bologna era un suk, una casbah fradicia e fredda di neve sporca, piena di gente anche in strada, perché con il gas limitato all’ora di pranzo, il carbone razionato e la legna introvabile, di giorno si stava quasi meglio fuori.”
Una lettura che ho faticato a concludere. Un’atmosfera pesante, angosciosa percorre tutta la narrazione. Una prosa perfetta e lineare, però, che descrive bene una vicenda nera, che colpisce il lettore con violenza. Personaggi e trama ben elaborati e costruiti con sapienza e tecnica narrativa. Nulla da eccepire , solo poco coinvolgente e troppo oscuro ed ambiguo per i miei personali gusti letterali.
Indicazioni utili
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