Dettagli Recensione
Una paura fredda. Nera.
Bologna, 1944. Siamo in piena occupazione tedesca, la quotidianità è spezzata, la paura delle bombe e della morte fanno da sovrane. Il terrore dettato dalla presenza dei nazisti sul territorio tiene in pugno la popolazione tra coprifuoco e limitazioni della libertà di vario ordine e genere. E poi c’è lui, il Commissario De Luca. Uno sbirro che non è più alla Criminale ma alla Politica. Un poliziotto che deve eseguire meticolosamente gli ordini dei superiori e farsi passare ogni grillo per la testa e ogni fuoco che si accende nello stomaco quando un caso misterioso da risolvere gli si paventa davanti.
Questa volta il nostro funzionario pubblico è chiamato ad investigare non su un unico crimine quanto su tre enigmatiche morti: omicidi, tutti, che, seppur diversi tra loro perché aventi ad oggetto le persone di un ingegnere, di un professore universitario e di una SS, si intersecano tra loro fino a delineare quello che è un disegno più grande. Perché nonostante tra un caso e l’altro ci sia un po’ di confusione che stordisce il lettore che in un primo momento tende a confondersi, a focalizzare quando l’uno e l’altro misfatto, il risultato di questi triplici delitti è quello di dar vita alle atmosfere del tempo, del momento storico e dello stato d’animo di un uomo schiacciato su più fronti dalle imposizioni dei piani alti e dalla paura. Eh sì, perché a far da cornice c’è la paura. Una paura silenziosa eppure rumorosissima, una paura che non lascia nemmeno per un attimo, una paura che sembra sfociare in rassegnazione. Questo è a mio avviso il più grande merito dell’opera; il riuscire a trasportare il conoscitore in un tempo sempre più lontano ma che non deve essere dimenticato.
Dal punto di vista dell’indagine a prevalere sono l’istinto e poi la logica. Il primo sentimento perché De Luca è un uomo intuitivo e che si lascia trasportare dalle sue folgorazioni, anche a costo di cadere in errore o di finir vittima di inattese trappole, e il secondo perché Lucarelli non esagera, non offre soluzioni eccessive o fuorvianti. I casi vengono risolti con una sfumatura di pura e semplice verità senza sproporzionati e sovrabbondanti artifizi letterari o chissà quale colpo di scena. Resta nel concreto e questo lo rende agli occhi di chi legge verosimile. Allo stesso modo sono percepiti i personaggi tra loro genuini perché intrisi di pregi e difetti, peculiarità e caratterizzazioni che invitano ad una piacevole conoscenza.
Una lettura piacevole, di rapida conclusione e capace di solleticare gli appetiti degli amanti del genere e non.
«Pensava che anche se l’avesse fatto davvero un buco nel materasso e ci avesse infilato dentro la testa non sarebbe riuscito comunque a togliersi dall’orecchie il gorgogliare del sangue, l’odore di urina e di muffa dal naso, tutto quello schifo, quella paura e anche quella vergogna dallo stomaco.
Che non c’era più una direzione in cui voltarsi perché quel gelo livido e marcio, quell’aria gonfia che lo soffocava, erano dappertutto, e non bastava girare lo sguardo per evitarle.
Se lo sarebbe portato dentro per sempre, quell’inverno.
Quell’inverno così ruvido e freddo.
Così nero.»