Dettagli Recensione
E INTANTO IL TEMPO SE NE VA
Si suol dire che ogni scrittore riversa sempre parte di se stesso in quello che scrive.
Non c’è da dubitarne; a rigor di logica, ognuno di noi, nel bene e nel male, non è che il risultato del nostro vissuto, del nostro luogo di nascita, degli influssi inevitabili della famiglia, degli innumerevoli input quotidiani stimolanti la nostra crescita individuale, e degli studi, delle esperienze di vita, degli amori, di quello che abbiamo imparato, i libri letti, i film visti, quanto appreso e sentito.
Uno scrittore racconta storie, magari inventa di sana pianta, mette su carta castelli in aria e temi di fantasia, ma sempre, volente o nolente, si traccia, semina indizi che a se stesso riconducono.
Traspare dalle righe, la sua persona; non fa eccezione Gianrico Carofiglio, e perché mai dovrebbe, data la fortuna arrisa al suo più noto personaggio letterario, l’avvocato Guido Guerrieri.
Quanto di Carofiglio c’è in Guido Guerrieri, è palese nell’evidente e onnipresente atmosfera leguleia che aleggia in tutti i suoi fortunati romanzi precedenti, aventi a protagonista l’avvocato barese: dal primissimo “Testimone inconsapevole” a “A occhi chiusi”, da “Ragionevoli dubbi” a “La regola dell’equilibrio”.
Tutto riconduce alla giurisprudenza, le sue storie testimoniano in maniera splendida tutta la sua cultura giuridica di Magistrato, attività precedente alla scrittura, e predominante per la maggior parte dell’ esistenza di Gianrico Carofiglio.
Intendiamoci subito: Carofiglio non è un autore italiano di legal thriller alla John Grisham, non sforna gialli ingarbugliati risolti dall’investigatore di turno, anzi più spesso i delitti su cui Guerrieri è chiamato a far luce sono anche banali, in sé e per sé.
Guerrieri non è un Azzeccagarbugli che conduce il lettore tra falsi indizi e memorabili colpi di scena alla sorpresa finale di un colpevole insospettabile, tutt’altro, la maggior parte delle azioni si svolgono nelle aule di tribunali, con escursioni tra i fondamenti del diritto, delle regole costituzionali dell’equo processo, del “favor rei”, del “in dubio pro reo”, dell’onere della prova.
Carofiglio snoda e disfa agilmente l’ iter procedimentale e processuale del suo raccontare, è intriso dalla materia, la domina e la padroneggia da maestro, e si vede, poi su questo tessuto giuridico sciorina il suo lato letterario. Con alterna fortuna.
È un altro Guerrieri quello che ogni tanto fa capolino nelle sue storie, è un Guido Guerrieri che ad esempio si mantiene in forma picchiando di buona lena su un sacco da pugile, fissato insolitamente al soffitto del salotto di casa.
Una sistemazione originale per quest’attrezzo sportivo, quasi a indicare in forma letteraria il suo ostinarsi a portarsi a casa, nel salotto buono, e quindi nel posto più rilassante della propria abitazione, il lavoro d’ufficio cui ci si dedica anima e corpo per amore della giustizia e della verità, sfogando in questo modo, con i guantoni, gli stress umani e le frustrazioni da cavilli giuridici cui lo costringe spesso la sua professione.
Come voler affermare: Guerrieri è un eroe perché stakanovista del suo lavoro, cui va sempre il suo pensiero. E ancora…
Guido Guerrieri diviene più un letterato che un legale, allorchè lo vediamo in giro per la città, a trascorrere le notti a discettare di libri e di etica con gli abituali, e insonni, frequentatori notturni delle piccole librerie indipendenti della città.
Lo scopriamo nella sua umanità, impariamo a conoscerlo libero dalla toga e dai codici quando ripercorre le scelte di studi e obiettivi nel proprio divenire, si confronta con colleghi e dipendenti, vive il suo amore corrente e rivive la memoria di quelli passati.
Tuttavia, nonostante gli intenti, quella di Carofiglio non è un’operazione che riesce perfettamente: perché Guido Guerrieri è un avvocato, e Gianrico Carofiglio è un magistrato, compiti diversi, pari cultura e dignità giuridica, e però un Magistrato possiede un quid superiore, non giudica, amministra i fatti portatogli dagli avvocati, fa un’operazione ben diversa, perciò il Magistrato Carofiglio vince sull’Avvocato Guerrieri, prende il primo piano, occupa la scena.
Ma appunto, un Magistrato, non è un uomo di lettere, non uno scrittore sensu strictu.
Gianrico Carofiglio scrive bene, ha una scrittura elegante, fluida, scorrevole.
Direi che scrive in maniera precisa, chiara, esauriente.
E però non “suona” come scrittore. Non prende completamente.
La storia è ben costruita, ben raccontata: ha una sua morale, una sua etica, ma è l’etica giuridica.
Piace, e certamente il libro non è un manuale di procedura legale, ma richiama comunque più la legge che l’arte di raccontare.
In “La misura del tempo” Guido Guerrieri deve fare i conti con il tempo che passa: la cliente che si rivolge a lui, infatti, per la difesa del proprio figliolo incarcerato, è un suo antico, e appassionato, amore degli anni belli della sua gioventù.
Potrebbe essere l’occasione per lo scrittore Carofiglio per un excursus su tempo e memoria, di come il tempo e le occasioni passano velocemente mentre siamo occupati a vivere, di come siamo e come eravamo.
Un discorso interessante, coinvolgente, che potrebbe anche presentare sviluppi interessanti, struggenti, emotivamente coinvolgenti.
Chi di noi non pensa agli amori vissuti? Quelli passati, nei “migliori anni della nostra vita”?
Come rimaniamo a rivedere persone e amori che non ricordiamo a momenti quasi più, e dalle loro rughe, dal loro aspetto, dalla loro postura accorgerci che…che intanto il tempo se ne va.
Che siamo cambiati anche noi, senza accorgercene, quasi in un attimo.
Ecco…uno scrittore di questi particolari ne avrebbe fatto fulcro centrale.
Gianrico Carofiglio, magistrato insigne, si addentra nella flora giuridica, bene e magistralmente; scrive bene, piace, si fa leggere.
Emoziona, anche; ma il suo lato predominante, almeno qui e ora, non è quello letterario.
Magari comparirà, più e meglio, alla prossima.