Dettagli Recensione
Non c’è viaggio senza meta
Roberto Costantini, nato a Tripoli nel 1952, è un autore interessante e capace di trasmettere nelle sue opere la stessa vivacità e dinamicità che contraddistingue la sua carriera lavorativa. Studente a Stanford, ingegnere, consulente aziendale, dirigente della Luiss di Roma dove insegna “Business Administration”, nonché autore della celebre e fortunata serie avente per protagonista il tormentato commissario Balistreri.
Dopo sei romanzi incentrati su tale figura, stavolta Costantini si è cimentato in una storia che ha per protagonista una donna di nome Aba Abate.
Madre di due adolescenti, Francesco e Cristina. E sposata con Paolo, che considera il suo uomo ideale. Colto ma non noioso, romantico ma mai melenso, presente e allo stesso tempo mai soffocante. Paolo sogna da anni di fare lo scrittore ed è l’incarnazione vivente del “vivi e lascia vivere”. Il perfetto contraltare di una donna estremamente meticolosa, efficiente ed organizzata come Aba.
Tutti, familiari compresi, credono che Aba sia un’impiegata amministrativa del ministero degli Interni, quando in realtà lavora sotto copertura, e con il nome in codice Ice, per i servizi segreti italiani. Coordina una rete di infiltrati nelle moschee situate in Italia. Una vera e propria seconda vita.
E proprio attraverso uno dei suoi infiltrati più affidabili, scopre che un pericoloso terrorista, dall’identità sconosciuta, sta per imbarcarsi dalla Libia. Pronto a raggiungere l’Italia per farsi esplodere in un imprecisato luogo affollato.
Il romanzo trae quindi spunto dall’attualità, affondando le radici in tematiche quali gli sbarchi, l’immigrazione, l’integrazione tra culture differenti, il terrorismo di matrice islamista, e le questioni economiche che si celano dietro questi aspetti.
E non mancano interessanti spunti di riflessione su quanto oggi sia difficile conciliare la vita familiare con un’attività lavorativa impegnativa e stressante.
Aba si divide infatti tra colleghi pieni di segreti e con punti di vista e interessi non sempre perfettamente collimanti, funzionari e mercenari libici che agiscono con procedure ed etiche del tutto diverse da quelle occidentali, e la cosa a cui tiene di più in assoluto. La famiglia. Ma mantenere un equilibrio sarà sempre più difficile, in una caccia all’uomo ansiogena e accentuata dalla suddivisione in capitoli secondo i giorni della settimana.
Incuriosisce lo stile narrativo scelto dall’autore. La storia si dipana infatti su tre piani, con differenti tipi di narrazione. La vicenda è narrata da Aba in prima persona quando si trova a casa o comunque in compagnia dei familiari. La narrazione si svolge invece in terza persona quando il focus si sposta sull’ambito lavorativo. Quasi come un simbolo della doppia vita della donna. Gli affetti e la complicità emotiva da una parte, e il necessario distacco dall’altra per svolgere bene il proprio mestiere. E infine il corsivo, che esprime i pensieri della protagonista, un mezzo utile per creare affinità con il lettore.
“Una donna normale” mette le basi per una probabile nuova serie. A mio avviso il confronto con i precedenti lavori del bravo Costantini è tuttavia a svantaggio di questo ultimo romanzo, che pur essendo un buon testo, non raggiunge i livelli di intrattenimento, maturità, carisma, profondità e introspezione psicologica dei personaggi che erano il punto forte delle travagliate indagini del commissario Balistreri.