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L'animale più pericoloso
 
L'animale più pericoloso 2020-02-05 09:02:34 FrancoAntonio
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Stile 
 
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5.0
FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    05 Febbraio, 2020
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Dora e i predatori più pericolosi

Dora è una ragazzina di 13 anni, porta le trecce come Greta Thunberg, sua eroina, e adora Dian Fossey, il mito a cui vorrebbe ispirarsi. Dora ha saputo da suo padre, componente del Soccorso alpino di San Candido, che c’è un nido di linci, lassù in val Fiscalina, proprio dove dovrà essere costruita una stazione di risalita. Quella mamma lince dovrà essere catturata, messa in gabbia e spostata altrove. Dora non ci sta: gli animali non debbono finire in gabbia. Dora prepara lo zaino e scappa di casa per andare a salvare la lince. Pensa di farsi aiutare da Gert, suo amico di chat line. Gert dice di appartenere alla Resistenza che lotta contro la distruzione dell’ambiente da parte dell’Uomo. Ma Gert, in effetti, dipendente di uno parco-zoo austriaco, è un schizofrenico omicida. Forse è stato proprio lui a uccidere il collega Hannes Baumgartner, omicidio sul quale sta indagando il capitano Orlandi della locale stazione dei Carabinieri.
Si scatena una disperata ricerca su un territorio enorme, aspro e impervio, con il duplice obiettivo di trovare e salvare Dora e di catturare Gert. Sono coinvolti gli abitanti del luogo, quelli del Soccorso alpino, i Freiwillige (i Volontari). Tutti sono pervicacemente animati dall'ancestrale istinto di difesa del territorio e dei suoi abitanti contro le aggressioni. Però alcuni hanno buone intenzioni, altri meno. Molto meno.
Oltre a questo difficile problema di gestione delle forze, Orlandi deve affrontarne un altro, interno. È stato distaccato presso il suo comando il capitano Viktor Martini, una scheggia impazzita, in attesa della condanna definitiva della commissione disciplinare e del congedato coattivo, è stato confinato nell'ufficio S: l’ufficio scartoffie. Viktor, infatti, dopo aver risolto l’atroce indagine dello Squartatore del Testaccio, ha “dato di matto”. Adesso preferisce seppellirsi nelle pratiche, nei verbali, piuttosto che impugnare nuovamente una pistola. Però sarà proprio Viktor, compulsando documenti, rileggendo deposizioni, mettendo a nudo le sue ferite psicologiche anche con gli indagati, a individuare gli indizi giusti che instraderanno le ricerche.

“L’animale più pericoloso” è un romanzo uscito a puntate sul quotidiano La Repubblica e ora è stato ripubblicato da Einaudi in forma integrale. In quest’opera, che è quasi un istant book, D’Andrea affronta tutti i temi di maggiore attualità del momento: la difesa dell’ambiente, la violenza sulle donne, lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina, le intolleranze, etc.
In teoria sarebbe tanta carne al fuoco, forse addirittura troppa. Fortunatamente gli accenni a questa o quella problematica sono solo funzionali allo svolgersi della storia che, sostanzialmente, è una frenetica corsa contro il tempo per il salvataggio della ragazzina e per la cattura dei colpevoli.
La storia parte un po’ zoppicando, a causa di una certa frammentarietà nel modo in cui i vari contesti sono introdotti. Poi, però, una volta ricomposto il mosaico generale che fa da sfondo al racconto, la narrazione procede spedita e tiene col fiato sospeso il lettore sino alla fine, senza mai svelare troppo, senza eccessivi colpi di scena, ma con un realismo e una credibilità delle situazioni da far supporre quasi che si tratti del resoconto romanzato di fatti realmente accaduti, con l’unica esclusione, forse, del finale, abbastanza inattendibile ed eccessivamente convulso.
Lo stile è agile e scorrevole e si legge con piacere, anche se ho sentito un po’ la mancanza di una più accurata descrizione ambientale. La regione in cui si svolge la vicenda è stupefacente (le Dolomiti, le abetaie incuneate nelle strette valli alpine, la Croda Rossa, i pianori da cui spaziare con lo sguardo). Purtroppo chi non conosce la Val Pusteria può solo immaginarseli quei luoghi, e l’A. (altoatesino) si concentra solo sull'azione e sui personaggi, dandi i paesaggi per scontati.
Quanto ai personaggi, ben caratterizzati Dora, Gert e Viktor, mentre gli altri, che non solo comprimari di contorno, avrebbero meritato una maggiore cura descrittiva.
Detto questo “L’animale più pericoloso” è un bel romanzo da leggere tutto d’un fiato, ma anche da meditare, perché sotto la vicenda fittizia covano tanti problemi concreti, irrisolti e di estrema attualità, perché, come dice Gert, “c’è di peggio che la morte”, com'è vero che “l’animale più pericoloso è quello ferito”.

______________

Devo fare una postilla per la pagina del pignolo: nel 2020 è inaccettabile che un libro abbia tanti refusi. Una tiratina d’orecchi a Einaudi e al suo editor!

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Commenti

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I refusi sono spilli nel cervello di chi legge!
In risposta ad un precedente commento
FrancoAntonio
06 Febbraio, 2020
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Nel caso di specie sono particolarmente fastidiosi, perché si tratta di parole raddoppiate, di soggetti o verbi che saltano... Si perde il filo del discorso e, soprattutto, si esce da quella tranche di immedesimazione in cui si cade quando la narrazione ti appassiona e ti coinvolge.
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