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Sergio Stokar un'esistenza "diversa"
Tullio Avoledo pubblica con la casa editrice Marsilio il suo primo noir dal titolo Nero come la notte, un romanzo duro, cupo, violento, il cui tema principale, di grande attualità, è sicuramente la diversità, ovvero la presa di coscienza dell’esistenza di “un differente”, per poi scoprire che ciò non è poi tale nella realtà.
Si narra la storia di Sergio Stokar e del suo vissuto,
“nero come la notte”.
In una vita “altra” è stato un poliziotto dalle simpatie filo naziste, testimoniate anche dallo strano anello che era solito indossare;
“un tempo in cui ero potente e rispettato, il primo della classe, l’uomo dell’anno. Anzi, di tutti gli anni. Passati, presenti e futuri. Ci fosse stato un Nobel per i poliziotti l’avrei vinto a mani basse. (…) La mia vita era tutta una recita, una serie di performance applauditissime. “
Un passato in cui lui, personalità bordeline, aveva una moglie che lo ha abbandonato, dopo averlo dissanguato economicamente, dopo essere andata a convivere con il suo stesso avvocato,affascinante principe del foro. Un’epoca differente che:
“Era, nella magica Milano da bere, e poi nella Roma dei potenti, al seguito del mio Magistrato Onesto diventato Onorevole, ero un cavaliere senza macchia, e senza paura. Mi piaceva, mostrargli agli altri. Pieno di idee su come andava il mondo, e su come avrebbe dovuto andare. Soprattutto su come avrebbe dovuto andare. Io e le mie grandi utopie. Tutti mi adoravano. Tutti non aspettavano altro che vedermi cadere.”
Infatti un giorno cade, trascinando in un mare nero la propria esistenza. Si risveglia, dopo una massiccia assunzione di ogni tipo di droghe, in uno strano posto chiamato “Le Zattere”. Un luogo che:
“non si può nemmeno chiamare quartiere è una terra di nessuno in cui città e campagna competono per il primo premio allo squallore assoluto. Brutte fabbriche, quasi tutte chiuse, s’intervallano a campi spogli, a viadotti incompiuti, a residui di un ostinato mondo contadino. “.
Lì viene salvato da uno strano dottore indiano e da sua moglie. Il Consiglio, che amministra con pugno di ferro un tale “ecomostro” ai confini della realtà, gli offre l’occasione di redimersi e di superare le difficoltà della vita. Deve scoprire la verità sulla morte, orribile e tragica, di tre ragazze che abitavano proprio alle Zattere. Riuscirà a superare le sue paure, e a tornare in quel mondo esterno ricco di brutture e di limitazioni, che tanto lo aveva segnato? Riuscirà ad individuare la verità dietro a tanta violenza?
Una lettura che trascina in un vortice oscuro e nero come la pece. Ambientato una città del Nord-Est mai nominata, ma facilmente identificabile, un luogo dove la crisi economica ha inciso in maniera esponenziale, dove ancora oggi la si vede e la si respira in quelle lunghe file di capannoni dismessi, testimoni muti di una ricchezza che non è più. Un romanzo che alterna con efficacia atmosfere violente e crude all’Arancia Meccanica di Kubrick, espressamente citato, a momenti di cupa malinconia, di rimpianto per un passato vissuto che tuttavia ferisce ancora. Una testo che avvince e trascina il lettore
“nei recessi più oscuri di una società rabbiosa e corrotta.”
Di grande attualità, scritto con una prosa schietta e priva di fronzoli, il testo racconta con sapienza narrativa una storia dei giorni nostri, con un finale che non può che stupire anche il lettore più smaliziato.