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Cosa deciderà la sua sorte?
“ ‘l bun Culumban, ‘l bun Culumban a porta l’eigua dal mont al pian, ‘l bun Culumban, 'l bun Culumban a fura la peyra cun la sua man.”
Una storia minore, di quelle che sarebbero state bene sulle labbra dei cantastorie erranti di una volta, dei novelli Omero che giravano tra i paesini, tramandando le piccole tragedie popolari. Non a caso il libro si intitola “La canzone di Colombano”.
Lì al piano della Thullie, le impervie altezze sopra Chiomonte, giacciono in una casupola quattro corpi dalle budella rivoltate, tra il sangue e il vomito: Isoardo, sua moglie, la vecchia madre e la piccola Floretta, quindicenne… un’intera famiglia di pastori morta insieme alla gran parte dei propri capi di bestiame.
In quelle zone c’è un unico altro abitante: è quel Colombano Romean che di fronte alla piccola comunità si è assunto l’onere di completare il traforo della Thullie, perché l’intera valle possa godere di una quantità d'acqua finalmente sufficiente ai pascoli e alle altre attività. Ma Colombano ha il torto di essere l’unico sopravvissuto dell’altopiano.
Quando vanno a stanarlo fin lassù – per portarlo in paese e sottoporlo ad un processo sommario – il mastro minatore, pur con le mani legate davanti a sé, ha la prontezza di spirito di dare uno strappo e correre sino all’ “anello di salvezza”. Grondante sudore e cianotico per lo sforzo, ha guadagnato il pieno diritto ad un giudizio ecclesiastico, a quel processo che può celebrare solo il religioso Ippolito Berthe.
Ed è costui che, prima di iniziare, parte alla volta di Oulx, per sapere dal Prevosto in che modo questo processo dovrà essere celebrato, e quale esito è cosa buona che esso abbia.
“ ‘Culumban a l’a massà!’ siur giudise pende lo farà, ‘Con ‘l diau a l’a giugà!’ Culumban a l’è perzuné, ‘Con le masche a l’a dansà!’ siur giudise lo farà brusé.”
La bravura di Alessandro Perissinotto è nel tessere una trama ricca ma non più dei fili che essa richiede, nell’utilizzare uno stile ricercato ma non esagerato: in altre parole, nel saper mantenere l’equilibrio necessario al buon raccontare.
Prende le mosse da una canzone tramandata oralmente, e in parte perduta: si appassiona, e conduce il lettore ad appassionarsi alla complicata storia di Colombano. Storia macchiata da intrighi e presunte stregonerie, la cui spiegazione si nasconde invece in cose e vicende d’umana natura: un accordo, un archivio polveroso ma ben custodito, una serie di interessi che – come spesso capita – si intrecciano al corso naturale delle cose, e lo deviano.
Un libro dove i “contrari” si armonizzano perfettamente: il respiro smisurato dell’altopiano (funestato da avvenimenti di morte) e il chiuso dell’aula dove si processa il povero Colombano; l’ignoranza operosa dei montanari di una volta e le elaborate trame dei notabili di paese, la perenne opposizione tra convenienza e giustizia. Nell’attesa di cogliere il filo giusto, e seguirlo sino a quel finale che scombina le carte, tanto sui fatti che sui personaggi.