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Dualità realtà o fantasia?
Cos'è la malattia mentale? E' corretto chiamarla in questo modo o sarebbe meglio parlare e poi definire un certo “stato mentale”? Certo non è possibile, e quantomeno improvvido, parlare, discettare e provare a modellare quanto è stato costruito in più di un secolo da parte di psichiatri, psicoterapeuti e psicologi sull'argomento. Si rischia di scivolare, e farsi molto male, sul terreno scosceso e argilloso di una disciplina che ha come indirizzo ciò che racchiude la nostra mente e anche la nostra anima.
Il romanzo si addentra nella psiche di una persona, una giovane donna di quasi trenta anni, al fine di poter far riemergere tutto ciò che la rimozione da parte del soggetto fin da quando era nell'infanzia, per mezzo di un processo organico chiamato amnesia selettiva, ha occultato nel proprio subconscio per impedire estrema sofferenza del pensiero.
Questo delicatissimo intervento è sottoposto a un insigne psicologo infantile fiorentino che attraverso un metodo di ipnosi sperimentale, dovrebbe riuscire a far luce nei meandri oscuri dove si presume possa essere nascosto un barlume di verità propedeutico alla risoluzione, ancorchè parziale, dell'evento passato senza trauma per la paziente.
La narrazione scorre fluida con diversi e inaspettati colpi di scena tali da produrre un controtransfert tra psicologo e paziente con continui ribaltamenti, senza soluzione di continuità, tra ciò che si assume possa essere reale e ciò che invece appare fantasia/sogno.
Cosa realmente accade? Ma poi, è proprio la realtà quella che viviamo? Oppure un'idea in costante costruzione in relazione ai nostri desideri più nascosti? La famosa, o anche famigerata, dualità che avvolge il nostro mondo è anche questa volta messa in rilievo e sembra non dia scampo.
Il finale narrativo lascia il lettore in una specie di dilemma catatonico che non aiuta la bontà di tutto il romanzo, ma era forse questo l'intento di Carrisi? Non lo so, e rimando ai futuri lettori la propria convinzione in merito.