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Tra gli spazi vuoti
Nell’inverno di Giona il vecchio incastra rami rigidi, le mani immerse nel secchio di acqua gelida in gesti rudi, precisi, forti. Siediti ragazzo, osserva ed impara, zitto immobile oppure il castigo.
Nella primavera di Giona la piccola Norina si diverte a costruire cestini d’erba, intreccia fili senza strapparli dal prato e si infila tra i pensieri. Giona lo sa, anche se non c’è.
Scorrono le pagine ed il freddo si insinua nel colletto slabbrato di un vecchio maglione rosso ed infeltrito che apparteneva a mia madre, poi scende. Scivola sul petto, lacera la pancia, raggiunge violento le ginocchia e morde impietoso i piedi. Le dita di ghiaccio, poi è dolore, un dolore lancinante ed infine non si avverte piu’ nulla. Si accumulano le pagine, il tepore un raggio di sole che porta linfa agli arti compromessi, forse nulla è come sembrava, poi domani sarà ancora più diverso.
Possono studiarci Giona, somministrarci farmaci, psicanalizzarci, rinchiuderci e punirci ma non potranno mai opporsi alla nostra verità.
A quindici anni eri troppo piccolo.
A vent’anni siamo troppo piccoli per vedere.
A trent’anni siamo troppo piccoli per vedere la terra coprire.
A quarant’anni siamo troppo piccoli per vedere la terra coprire il corpo di nostra madre.
Struggente, intenso, accattivante, psicotico e tagliente come cronaca dagli spigoli arrotondati da una lima di fiaba.
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Commenti
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Daniele, purtroppo non ho letto il romanzo che citi.
A me invece, seppur sia il libro completamente differente in ogni prospettiva, ha lasciato una scia di turbamento psichedelico durante la lettura come ai tempi di Spider di Mc Grath.
Lo avevi letto anche tu mi pare, una vita fa!
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