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We can be heroes, just for one day
A volte essere eroi significa semplicemente trovare un modo per continuare a vivere, per non lasciarsi travolgere dal tempo che, se è vero che sa curare tutte le ferite, sa anche distruggere, con la forza malinconica di ricordi sempre più lontani.
In questo episodio ritroviamo il vicequestore romano nato dalla penna di Antonio Manzini subito dopo le amarissime vicende che lo hanno abbattuto in “Pulvis et umbra”. È un Rocco Schiavone quanto mai stanco e diviso. Come dimenticare, anche solo per un giorno, le ombre del tradimento e della solitudine? Come affermare di essere ancora vivo in una fredda città senza ricordi e senza affetti? Come distrarsi da pensieri e rimpianti che si vorrebbe solo poter silenziare?
La risposta la offre un nuovo delitto, quello di Romano Favre, ex ispettore di gioco presso il casinò di Saint-Vincent, ritrovato ucciso nel suo appartamento con una fiche stretta in pugno. E Schiavone, come sempre, si getta a capofitto nel fango e nel liquame perché ogni rapina, ogni omicidio, sono per lui battaglie personali, che poco hanno a che fare con la giustizia delle leggi.
Si gioca, in questo romanzo. Si gioca alla roulette e al tavolo del poker. Si gioca a rimescolare le carte, anche quando la soluzione del giallo sembra ormai archiviata. Si gioca a vivere. Ma in questo Schiavone non bluffa, ha ormai scoperto tutte le carte. Quelle che già conosciamo bene: la ruvida schiettezza, l’ironia irriverente, l’amara malinconia. E qualcuna nuova: la voglia di proteggere - seppur a modo suo - e persino la tenerezza, quella con cui guarda il giovane vicino Gabriele, l’amata Lupa o un alberello di limoni carico di significati nascosti.
Ormai per Rocco è arrivato il momento di lasciar andare il passato, perché è inutile combattere contro ciò che è accaduto, nascondersi dietro la rabbia o la delusione, opporsi alla realtà. Contro il passato non si può vincere, si può solo trovare un modo per continuare a vivere. E la sensazione, arrivati al termine di questo romanzo, è che il mondo del nostro vicequestore sia giunto davvero a un punto di svolta. Non ci rimane quindi altro che leggere il seguito.
“Quegli anni se ne sono andati e m'hanno portato via come 'na piena del Tevere. So' sbarcato quassù in mezzo alle montagne, a gente che non conosco e non ho voglia di conoscere. Avevo solo tre amici, e chissà se ritrovo pure quelli. È la vita che va così. Prima o poi me ne dovevo rendere conto.”
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