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De Luca coraggio o incoscienza?
Nella vasta e variegata (giallo, inchiesta, saggio ecc..) produzione letteraria particolare originalità ha il Commissario De Luca, protagonista di romanzi ambientati nell'Italia fascista in via di disfacimento. Nella Bologna del 1943 il poliziotto si muove in un ambiente in pieno fermento, con i tedeschi che devono ripiegare, i fascisti che resistono con sempre più crudele accanimento, con i comunisti e partigiani che fanno sentire la loro pressione con attentati e azioni. De Luca, infiammato dalla passione dell'indagine ad ogni costo, si trova a gestire il ritrovamento di un cadavere senza testa e di una testa senza cadavere, con figure di ebrei, gerarchi, mercanti di borsa nera, elementi di una degenerazione morale e civile. De Luca quasi rifiuta il contesto storico e politico per testardamente inseguire la "Verità e Giustizia", sino a sacrificare l'amore, la carriera, gli ideali. Molti lo esortano a lasciar perdere, a accettare una comoda versione dei fatti, a soprassedere. Gli viene offerta più volte una via di fuga, una porta aperte, ma egli la rifiuta non per coraggio, ma per quell'istinto quasi autolesionistico che pospone a tutto la finalizzazione, la risoluzione e lo scioglimento di tutti i nodi. Questa testardaggine farà scegliere a De Luca di aggregarsi alla polizia politica, pur di portare a termine l'indagine. Come nei romanzi cronologicamente precedenti ma temporalmente successivi questa sua scelta coraggiosa o per meglio dire incosciente ne segnerà il futuro pesantemente sia a livello umano che di carriera. Avvincente e emozionante anche se non come i precedenti.