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Un Montalbano ringiovanito e spericolato.
Stupisce sempre Camilleri, questo grande, grandissimo uomo e scrittore. Ha sempre grandi idee, si batte sempre per grandi ideali, spera sempre, per nipoti e pronipoti, un mondo migliore, ben lontano e diverso dalle miserie dell’epoca corrente. Con “Il cuoco dell’Alcyon” ci riserva un’ennesima sorpresa. Ha riesumato da un passato non troppo lontano (dieci anni circa) il canovaccio di una sceneggiatura cinematografica (una coproduzione italo-americana, non andata a buon fine) e, aggiustandola sapientemente, ne ha ricavato un nuovo romanzo sul commissario Montalbano, il trentesimo della serie, forse uno dei migliori. Devo subito dire che si tratta di una storia avvincente, diversa dalle solite, una storia che non lascia momenti di pausa, narrata con una verve insolita e spumeggiante, piena di novità e di sorprese. Intanto c’è un viaggio di Montalbano a Boccadasse dall’eterna fidanzata Livia, un incontro, salvo qualche doveroso chiarimento, senza incomprensioni e litigi, che fa ben sperare per un sereno futuro. Non basta: il commissario viene addirittura sollevato dall’incarico, invitato a prendersi periodi di ferie e sostituito da un nuovo dirigente, il tutto senza spiegazioni e nello sconforto dei fidati collaboratori Fazio, Mimì Augello e Catarella. Ma c’è di più: arriva a Vigata addirittura un investigatore siculo-americano dell’FBI, perchè, ed ecco l’intrigo principale della vicenda, va e viene un misterioso veliero, con un altrettanto misterioso equipaggio ed occasionali ospiti internazionali ben poco raccomandabili. Va da sé che Montalbano, in congedo solo per uno stratagemma accuratamente studiato , diventa l’eroe di quello che doveva essere un film di successo, e che si è invece tradotto in un romanzo giallo da togliere il fiato. E chi sarà mai il cuoco dell’Alcyon del titolo? Non mi va di svelare troppo la trama: posso solo dire che Alcyon è il nome del fantomatico veliero battente bandiera boliviana, sede di proibitissimi incontri, e che Montalbano, truccato in modo irriconoscibile, metterà a repentaglio la sua vita in un susseguirsi mozzafiato di vicende. Poche volte, nei romanzi della serie, il bravo commissario si è esposto in modo così spavaldo a pericoli ed agguati, tanto da far pensare ad un suo improvviso ringiovanimento: in effetti la storia è stata concepita una decina d’anni fa, quando ancora il buon Salvo non sentiva le prime avvisaglie della vecchiaia e si buttava con encomiabile spirito di servizio nelle avventure più spericolate. Gli fa da spalla il fidatissimo Fazio, quasi suo alter ego oltre che confidente, il vice Mimì Augello fa la sua parte mentre Catarella si esibisce in una sincera quanto buffa serie di pianti e lamentazioni. Tutti i personaggi sono ben centrati, anche l’inviato dell’FBI che cerca di farsi capire in un surreale dialetto siciliano americanizzato. E tutto sembra rispecchiare certi aspetti di miserabili attività dei tempi nostri, anche se, come osserva Camilleri in una nota, gli affari dei boss del mondo di oggi si fanno con un “clic” e non tramite romanzeschi incontri in mezzo al mare. E vorrei anche rassicurare l’Autore su un suo dubbio: questo nuovo libro di Montalbano risente sicuramente nel bene della sua origine non letteraria.