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Misteriosi incidenti al Km 123 dell'Aurelia.
Già il titolo, così breve e incisivo, sintetizza un luogo ben preciso che, in un giallo, fa presagire eventi delittuosi: è indubbiamente un colpo da maestro, e non meno magistrali sono i dieci capitoli che seguono, una raffica di eventi che vien voglia di leggere tutto d’un fiato, fino a quella conclusione sconcertante, che lascia un po’ d’amaro in bocca perché imprevista ed assolutamente imprevedibile. E’ una specie di sberleffo finale, che Camilleri butta lì come se volesse prendersi gioco di una Giustizia che indaga apparentemente con logica ferrea ma che, alla fine, viene beffata da chi delinque e, come spesso accade, la fa franca. Dunque, a questo benedetto Km 123 della via Aurelia verso Roma succede che una Panda viene speronata da un Suv e finisce in una scarpata, con lesioni varie all’occupante, noto imprenditore romano, e che, alcuni giorni dopo, lo stesso Suv viene ritrovato nella stessa scarpata con un cadavere a bordo, una giovane donna amante dell’imprenditore. Non è tutto: il marito di una carissima amica della defunta muore a Milano cadendo sui binari della metropolitana, forse spinto intenzionalmente. Attorno a questi tre casi, ruotano svariati personaggi, tutti legati da rapporti più o meno intimi, tutti con qualcosa da nascondere e quindi sospettabili. I capitoli del giallo sono una sintesi succosa e stringente dei loro rapporti: discorsi diretti, sms, telefonate, mail, rapporti del Commissariato di Polizia di Roma, cronache giornalistiche, si sospetta di tutti e più o meno tutti hanno motivi per essere sospettati. La Polizia sembra avere in mano le prove conclusive dei supposti delitti, ma il dirigente del Commissariato, che non vede l’ora di chiudere le indagini etichettandoli come suicidi o incidenti, viene in via confidenziale invitato da un ispettore più scrupoloso a riaprire le indagini stesse e seguire altre piste: ambedue, ahimè, sbagliano, ed una telefonata spiazzante alla fine del giallo rivelerà finalmente i veri colpevoli.
Andrea Camilleri conferma ancora una volta la sua straordinaria abilità nel confezionare un giallo che coinvolge e stupisce, un giallo ben diverso, come linguaggio, personaggi e ambientazioni, dalla fortunata serie del Commissario Montalbano.
Alla fine del romanzo è riportato l’intervento di Camilleri ad un Convegno su “Scrittori e critici a confronto” (Università degli Studi di Roma, 2003). L’autore, oltre a spiegare come è nato il colore “giallo” ad indicare i romanzi polizieschi ( la collana dei famosi Gialli Mondadori), traccia la storia del genere in questione, iniziando dagli autori più famosi a livello internazionale ed arrivando al “giallo” italiano e ad autori dei nostri tempi che, finalmente e con un certo coraggio, non ambientano più le loro storie in terra straniera, ma in Italia: vedi lo stesso Camilleri, Scerbanenco, Fruttero e Lucentini, Lucarelli, Carlotto per citare i più noti, che hanno il merito di aver sdoganato il romanzo “giallo”, inserendolo nel contesto della vera e propria letteratura.