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Nel peggiore dei modi
 
Nel peggiore dei modi 2019-03-30 10:16:02 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    30 Marzo, 2019
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Attenzione, dà assuefazione

Corre l’anno 1990 e in una giornata nebbiosa, opprimente, fetida, come solo un certo tempo atmosferico sa essere presente a Milano, un padre porta suo figlio a scuola, ma prima di arrivare a destinazione si ferma da un tabaccaio per comprare le sigarette, non senza aver prima parcheggiato l’auto nei pressi con il bimbo a bordo. Esce dal negozio, gli si fa incontro un uomo alto, con una caratteristica non ben definibile di uno degli arti superiori, forse vuole solo un po’ di fuoco per accendere, ma invece gli spara due colpi di pistola che lo accasciano sul marciapiedi e quando il corpo è a terra ne viene sparato un terzo, quello di grazia. Inizia così il secondo romanzo poliziesco scritto da Flavio Villani e che vede ancora una volta all’opera il commissario Cavallo, lo stesso del primo episodio, tanto per intenderci quello della donna assassinata il cui corpo sezionato viene trovato in una valigia del deposito bagagli della stazione Centrale di Milano. Come al solito la trama è piuttosto intricata, complicata nel caso specifico da una guerra fra elementi della mafia e della ndrangheta; é fra sparatorie, scomparse definitive e morti ammazzati che si muove questo poliziotto di origini meridionali, coscienzioso e onesto, non disposto a chiudere gli occhi o per fare carriera o per pregiudicare quella già fatta. In fin dei conti Cavallo ha il pregio di essere l’uomo della porta accanto, il vicino di casa che alla mattina parte presto per il lavoro e ritorna sempre tardi, senza nessuna mania di protagonismo, consapevole che il suo destino è solo quello di fare, sempre e comunque, il proprio dovere. Lo coadiuva il più giovane ispettore Montano, che più che un fratello minore sembra un gemello, almeno come modo d’essere e di fare, e la sua è una collaborazione preziosa, perché non è solo capace di obbedire, mettendo in pratica nel migliore dei modi le direttive del superiore, ma ha anche delle opinioni che nel contesto di un’indagine risultano sempre preziose. La trama, come ho detto prima, è piuttosto intricata e il tutto ha origine molti anni prima, all’epoca degli anni di piombo, con il massacro di un giovane di estrema destra, un episodio delittuoso che sembrava dimenticato, ma si sa che il destino, prima o poi, presenta il conto a chi di dovere. E’ superfluo dire che Cavallo riuscirà a venire a capo dell’indagine, di per sé difficile, ma ancora più complessa e delicata perché gli investigatori devono muoversi sul terreno minato della politica, con il commissario che non arretra, non si fa mai da parte, perché lui vuole solo e sempre arrivare alla verità, assicurando alla giustizia il colpevole.
Flavio Villani è un narratore di razza e lo conferma con questa sua seconda opera, dal ritmo costante, dall’ambientazione perfetta, dalle atmosfere ricreate in modo quasi prodigioso, caratteristiche tutte che avvincono il lettore e che lo inducono a superare la stanchezza, a non fermarsi mettendo un segnalibro, perché è quasi maniacale il desiderio di andare avanti, per sapere cosa accadrà, chi è il misterioso assassino, quali sono i complici, quale è il movente. Ci sarebbe infine da dire che i libri di questo giallista milanese danno assuefazione, come una droga, ma a differenza di questa non fanno male al fisico e anzi sono un toccasana per la mente.

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Il nome del padre,di Flavio Villani.
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Un novello Simenon?
No, si tratta di stili diversi e anche di epoche diverse.
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