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Scavando nel fango dell'anima umana
Il libro si apre con il ritrovamento di un macabro cimitero contenente 6 braccia di bambine, disposte in cerchio in una radura. La squadra di indagine è composta dall'arrivista ispettore Roche, dal criminologo dottor Goran Gavila, dall’esperta informatica Sarah Rosa, dal virile Klaus Boris e dal religioso Stern. Ad essi, viene aggiunta Mila Vasquez, esperta nel ritrovare persone scomparse.
Fortunosamente, viene fermato ad un posto di blocco un uomo senza documenti, l’agente di commercio Alexander Bermann: nel suo bagagliaio viene trovato il corpo di Debby Gordon, una delle ragazze sparite. Da lì inizia una serie di ricerche che consentono alla squadra d’indagine di collegare varie persone e avvenimenti, fino a scoprire una fitta rete di pedofili cui afferiva anche lo stesso Bermann. Mila visita la stanza del college di Debby, scoprendo la presenza di un ricevitore GPS che darà il via ad un’altra serie di indagini che porteranno ad un vecchio orfanotrofio, chiuso anni fa in circostanze oscure.
Il serial killer (ribattezzato Albert) farà ritrovare i successivi corpi delle vittime sempre in luoghi che nascondono vecchi segreti, dove verranno alla luce storie in cui sono coinvolte altre persone insospettabili (preti, orfani, ricconi, dentisti…).
Quando tutto procede al ritmo dell’indagine scientifica sui fatti, l’ingresso in campo di una medium è una rovinosa caduta di stile: da quel momento in poi, il romanzo prende purtroppo una piega decisamente più scontata. La vicenda personale di Mila, nella seconda parte del libro, rallenta e banalizza l’intreccio, introducendo elementi di analisi psicologica che vanno più a confondere che ad impreziosire il testo, richiamando vari deja-vu letterari e cinematografici. Tra un’intuizione di Mila e l’altra, la storia procede a volte incalzante e altre volte a tentoni ma, tra reciproci sospetti, anche la solidità del gruppo d’indagine sembra incrinarsi.
Si nota, ogni tanto, un momento di riepilogo, in cui un membro della squadra (Gavila, spesso) traccia un riassunto dei fatti, cercando di ricollegare gli eventi appena trascorsi. Confesso che tali passaggi siano utili ad un lettore frettoloso o disattento… e una volta passi, ma già la seconda stona: pare che Carrisi stesso abbia bisogno, nell’intreccio da egli stesso preparato, di fare il punto della situazione, per vedere se davvero tutti i tasselli sono al loro posto o se manchi qualcosa.
Lo stile è scorrevole, nonostante risulti difficile capire chi pronunci alcune frasi, soprattutto nei momenti di serrato confronto tra i componenti della squadra. Alcune pagine catturano, ma si enfatizza troppo l’efferatezza dei delitti, si calca la mano su violenze e persecuzioni, a volte, davvero esagerate.
Tutto sommato ne consiglio la lettura: è un discreto thriller, ma non di quelli da annoverare nel gotha della letteratura.