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L'ombra
«Non è stato altro sai?, a causare questo abbandono, il cedimento di questo baratro. Semplicemente, l’infantile illusione di poter certificare la natura del male. Senza comprendere che l’orrore non sta nella consapevolezza della sua esistenza, ma nella sua capacità mimetica. Ti osserva, si traveste, svicola, ghigna di te da dietro gli angoli. E mentre ti ostini a volerlo inquadrare, ti perdi in una putrida palude, circondato dalla eco delle sue risate» p. 138
Tutto ha inizio durante una cena nel periodo natalizio quando quattro amici, due coppie di sposi e il figlio di quattro mesi di quella di cui il nostro eroe è protagonista, si rincontrano dopo molto tempo. Il lavoro, gli eventi, le circostanze, hanno portato gli amici a condurre esistenze diverse e lontane, addirittura oltreoceano. Pertanto, quel pasto serale condiviso ha il sapore del rincontro, del tempo ritrovato, degli anni di scorribande e dei primi amori, dei legami fraterni. Eppure, è proprio durante queste ore liete che l’ombra si insinua sottoforma di casa abbandonata sita nel bosco, con una posizione defilata eppure vicina al fiume essendo stata in passato, probabilmente, un mulino e al cui interno, a seguito delle rivelazioni di Diego e Lidia che avevano trascorso le vacanze in uno stabile nei dintorni, succedono cose fuori dal normale. La curiosità, la voglia di indagare, il desiderio di far chiarezza su questi episodi così estranei alla normalità spingono il nostro eroe a trattenersi qualche giorno in più in Italia mentre la moglie e il neonato rientrano negli Stati Uniti.
«Certo, adesso scorgo in quell’eccitazione l’inganno, la bieca urgenza del tossico, e la latente consapevolezza di affacciarmi su un luogo da cui sarei dovuto scappare, ma allora vedevo solo immagini, scene, parole.» p. 25
Ben presto il ricercare, il far chiarezza si tramutano in una ricerca personale e fortemente introspettiva a cui si somma un’ossessione che culmina nell’autodistruzione. Semplicemente, il senso di abbandono prevale, l’uomo fugge dalla luce, dalla serenità, dalla famiglia, rinuncia a tutto quel che ha creato, all’impiego che ha conseguito perché vede nell’oscurità una scelta necessaria. Vuol arrivare fino alle profondità più insite di quelle ombre che lo circondano da quando era bambino e per farlo è disposto a tutto, abusando di quella libertà che gli è propria e non tenendo conto che per ogni azione vi è una reazione e che le scelte che prendiamo sono spesso caratterizzate da conseguenze che non toccano soltanto noi, ma anche – per effetto riflesso – i nostri affetti. Da qui un epilogo, non epilogo, perché l’autore cela tanto su quel che realmente accade, il lettore va per intuizione, immagina, è trascinato dalle sue paure, i tuoi timori, che quindi trovano specchio in quella ricerca ossessivo-compulsiva che ci è presentata.
Sin dalle prime pagine la sensazione che accompagna il conoscitore è quella dell’inquietudine. I suoi sensi sono tutti all’erta: alterna stati di curiosità perché è a sua volta affascinato da questa misteriosa costruzione nel bosco a stati di irrequietezza determinati dalle pieghe che questa inchiesta casalinga, inizia ad avere. Ripercorre passo passo le parole di cui è destinatario arrivando a concepire, mi ripeto, la forza delle scelte quale ruota portante dell’intero scritto stante il fatto che in qualunque momento il protagonista avrebbe potuto fermarsi per tornare da chi lo ama invece che intraprendere ostinatamente un sentiero che sa perfettamente portarlo lontano da questi ultimi, su un binario parallelo. E come l’eroe del racconto rianalizza il suo essere, si estranea dal mondo, cerca in se stesso le radici del male, il buio più profondo in sé radicato, l’avventuriero è spinto a fare altrettanto. Talché, la casa, il mistero, il bosco, ogni incontro diventano metafora di un disegno più grande e da sempre caro a Grossi: quello della rivelazione.
L’elaborato scorre senza difficoltà, è impreziosito da uno stile narrativo descrittivo e ricercato che disegna nella mente immagini che restano fisse, come incise, e da una serie di riflessioni che anche dopo la lettura continuano ad aleggiare nel pensiero. Unica pecca è proprio quella parte finale del componimento, volutamente lasciata all’ignoto, volutamente non scritta, in cui quel sapere-non sapere, quell’immaginare giusto o sbagliato, destabilizzano, finendo con l’essere la forza e la debolezza di questo nuovo lavoro dell’autore toscano.