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Un grigio impiegato dai molti segreti
Torna Norberto Melis in La vita uccide in prosa di Hans Tuzzi. Melis è l’investigatore partorito dalla sagace penna di Hans Tuzzi. Dall’ultima indagine è passato da commissario a vicequestore, sposato con una donna molto bella e molto colta, Fiorenza, con la quale ha la passione per l’etimologia e l’amore per la musica classica.
Siamo a Milano nel 1988, e il nostro protagonista si trova davanti ad un imprevisto, dove vi è:
“Un padre che non è un padre.
Una bissa che non è una bissa.
Ma il morto, quello, è morto davvero.”
Davanti alla propria villetta nell’hinterland milanese viene trovato morto un oscuro impiegato del catasto, Maggiorino Agosto. Geometra, un uomo all’apparenza innocuo, rimasto vedovo due anni prima di Rosa, caduta in giardino, dove aveva sbattuto la testa, vive con il padre, anziano, invalido, incapace di intendere. Chiamata d’urgenza per accudire il padre superstite, Augusta Agosti, la sorella, non riconosce in colui che si trova davanti il proprio padre. Ma allora chi è costui? E chi è in realtà il morto? Quali segreti nasconde? Qui:
“Qui tutto diceva incancrenita tristezza. Grigia triste prosa.”
Le piste da seguire sono tante, rivelatrici di sorprese inaspettate, come la vita, che qui è come:
“un triste jazz sporco, un jazz, aveva scritto qualcuno, dove la tromba è il lamento di un pianto senza lacrime.”
Di particolare importanza sono i tempi in cui il romanzo si svolge: il 1988, dove:
“L’anno, iniziato per la piccola Italia con il delitto del Canaro, finiva per il Grande Mondo con l’URSS in dissoluzione con quattro anni di ritardo sulla fatidica data orwelliana.”
Un noir di grande raffinatezza, scritto ed elaborato con uno stile filosofico e ricercato. Colte le citazioni che intervallano spesso la narrazione. Un giallo di qualità, per una lettura di gran fascino ed alta elevazione.