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1961: way we were in Sassari
Sono passate solo tre settimane da quando il tenente dei carabinieri Giorgio Roversi (trasferito da Bologna a Sassari per punizione) è riuscito a risolvere l’ingarbugliato caso dell’omicidio all’Abbacuada, con la collaborazione don Luigi Gualandi (ex capitano veterinario dell’Arma e proprietario di una azienda agricola poco fuori città) e già un nuovo caso gli si ripresenta.
Sono i giorni che precedono il Natale del 1961 e a Sassari si tiene uno storico congresso della DC, in un momento in cui la situazione politica italiana è parecchio ingarbugliata e c’è rischio di crisi di Governo. Quella domenica, proprio in contemporanea con lo scottante evento politico, viene rinvenuto il cadavere di un uomo in città. Apparentemente, questa volta, tutto apparirebbe lineare: Millomì, un povero barbone, reduce di guerra e benvoluto da tutti, è stato ucciso a sassate in una piazzetta di Sassari. Nei pressi del cadavere è stato visto Barrasò, altro sbandato come lui, mentre gli frugava nelle tasche per rubargli qualcosa: un ciondolo o, forse, una schedina vincente del totocalcio. Tutto chiaro, dunque? Sì, ma anche no, perché ci sono troppe cose che mal si incastrano in questa prima ricostruzione della vicenda e Roversi non è disposto a chiudere le indagini così in fretta.
A complicare la situazione, poi, salta fuori che tra i molti esponenti politici accorsi ad assistere al congresso, sia giunto pure un esponente di spicco del Partito Democratico di Unità Monarchica. Apparentemente è persona potente ed irreprensibile, militare integerrimo, decorato in guerra e con specchiata fama di politico, ma alcune nubi cominciano ad addensarsi sul suo passato.
Nel frattempo don Luigi è alle prese con alcuni fastidiosi impicci che gli complicano la vita. Alcuni oggetti sono scomparsi misteriosamente dalla sua tenuta. Forse sono stati rubati da un ladruncolo che s’aggira nelle campagne o forse, come teme la cameriera Remedia, sono stati sottratti da un “fantasimu” malizioso. Poi nel circondario c’è stata una specie di invasione di gatti rossi che marcano il territorio ovunque e la fanno da padroni. Infine il bar ove si riunisce la “greffa di la cionfra”, il gruppo di amici di don Luigi, è stato preso di mira da un tipo che sembra proprio un menagramo professionista. Che tutti quei fatti siano collegati gli uni agli altri?
In questo secondo romanzo dedicato alle indagini del tenente Roversi, l’A. si inserisce nella scia narrativa lasciata aperta dal precedente libro e riprende a raccontare le vite dei simpatici personaggi sassaresi “d’un tempo che fu”. Con loro torniamo a respirare le atmosfere pacate e serene di una Italia che, pur reduce dagli orrori della guerra, ci si presenta bonaria e schietta, più amabile e generosa di quanto non lo sia ora.
La narrazione è fresca e scorrevole; si fa leggere con piacere proprio per la semplicità e quotidianità dei fatti narrati. Lo stile, che indulge molto sui dialoghi, è piano e spontaneo, ma per ciò stesso molto gradevole. La trama gialla non è particolarmente arzigogolata e chi ama anticipare il finale con le proprie deduzioni non farà fatica a scoprire colpevoli e moventi, ben prima della fine. Ma lo scopo del libro non è quello di offrire un rovello poliziesco, quanto quello di far rivivere i nostri anni ’60. In questo compito l’A. si rivela attento e pignolo, offrendoci una perfetta ricostruzione dell’epoca; tra l'altro, tutti i fatti storici narrati sono veri e perfettamente rievocati. Chi non è più giovane e quegli anni li ha vissuti in prima persona, magari bambino, ci si ritroverà appieno, provando pure una dolce nostalgia di quel periodo, quando collezionava le figurine Panini o il papà sorseggiava un Punt e Mes al bar ascoltando le radiocronache delle partite a “Tutto il calcio minuto per minuto”.
In conclusione si tratta di una lettura di completa evasione, ma non priva di interesse, anche per l’accurata ricostruzione storica, e scritta con garbo e piacevolezza. Un buon modo per passare alcune ore in assoluto relax.