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La piemme Imma Tataranni
Il libro di Mariolina Venezia, Rione serra venerdì, ha un curioso sottotitolo: Imma Tataranni e le trappole del passato. Ma chi è Imma Tataranni? E’ una donna, sposata con Pietra, ha una figlia, Valentina. Di professione è un magistrato in forza alla Procura. Fin qui tutto pare normale, ma non lo è. Perché lei non è una donna normale. Molto preparata, intelligente, arguta, è una sorta di Erinni sempre in movimento. Un po’ sovrappeso, con un carattere impossibile e lunatica, solita sbattere le porte ed urlare come uno scaricatore di porto, in Procura tutti temono i suoi sbalzi d’umore. Per cui:
“Tignosa e dispettosa, la suocera faceva una malattia a pensare che il figlio se l’era sposata, una cozzara così, senza parlare del procedimento per assenteismo intentato anni prima a carico di Maria Moliterni, moglie del prefetto, e delle toilettes sfoggiate ultimamente, fra cui un vestito cucito dalla madre buonanima, un abito di raso a sirena blu elettrico tempestato di zirconi, che la faceva sembrare un incrocio tra un tonno e un lampadario.”
Non è sempre colpa sua, a volte anche la stessa figlia la indispettiva, ovvero:
“Eccola lì. Non era diventata un’attivista dei diritti civili, un’animalista, una barricadiera, come sembrava promettere a quattordici anni. E neanche una sgalletata (…) Ma nemmeno un’intellettuale o una rocchettara. (..) a quindici anni era diventata una settantenne. “
Ora si trova davanti all’omicidio di una sua vecchia compagna di scuola: Stella Pisicchio,
“classe 1962, come lei, ma di ottobre. (…) Sulle pratiche inconfessabili di quella single incallita, vabbè zitella, e sulla dinamica dell’omicidio, qualcosa in più si sarebbe capito.”
Un salto all’indietro nel tempo, in un passato lontano, pericoloso, perché:
“la memoria spesso è una dannazione. Tira fuori episodi imbarazzanti, dettagli inutili quando cerchi qualcosa di essenziale, ti ripropone una frase o un viso che vorresti cancellare, condanna all’oblio chi non se lo merita. “.
L’omicidio avviene in un rione particolare di Matera:
“Il quartiere di Serra Venerdì era stato costruito negli anni Cinquanta, quando avevano deciso di svuotare i sassi con la legge De Gasperi. Successivamente si era meritato l’appellativo di rione Apache, perché dentro ci erano finiti gli ultimi degli ultimi, quelli che abitavano nelle grotte e non avevano mai visto un bagno né conoscevano l’acqua corrente.”
L’indagine sarà complicata tra nobili decaduti e dai segreti inconfessabili che si tramandano nella storia, la scomparsa di un piccolo scavezzacollo, vittima incolpevole di un gioco più grande di lui, geometri che parlano e non dicono, sarte che vedono troppo e tanto altro…
Un giallo vivace, frizzante e brioso. Una trama dal contesto affascinante, per una lettura che non può che intrigare ed affascinare il lettore fino all’ultima pagina. Una figura di investigatrice curiosa, frizzante, che colpisce e fa sorridere, al di fuori degli schemi, che si fa ricordare piacevolmente nel tempo. Un soggetto da sicura fiction televisiva.