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Fantasmi classe 1990
Sesto capitolo dedicato alle avventure del Commissario Balistreri, “Da molto lontano” si apre con il suo pensionamento dopo quasi quarant’anni di onorato servizio. “Finalmente”, pensa Michele, “è giunto anche per me il momento della tranquillità dopo anni di cicatrici, dolori, ferite e casi da risolvere”. Purtroppo però ci penseranno due manichini a ricordargli che un funzionario di polizia non va mai davvero in pensione. E questo perché i due fantocci riproducono proprio la scena di quel crimine occorso trent’anni orsono. Tra l’altro, il palazzo in cui sono sepolti e in cui vengono ritrovati, è giustappunto quello del complesso residenziale in cui vive il padre imprenditore del ragazzo ucciso in quel delitto. Balistreri, per quanto non voglia ricordare, tornerà allora a quel 1990, che per lui non è soltanto sinonimo del Campionato del mondo in Italia quanto sinonimo del ritrovamento di quel cadavere mutilato assieme a quella di una ragazza sottomessa a un boss della Camorra, boss della Camorra che restando ucciso in una sparatoria in cui il Commissario stesso è coinvolto, determinerà la fine delle indagini e il lasciare irrisolti gli omicidi. Questo, almeno, fino ad oggi, quando quelle morti tornano, a distanza di tre decenni, a bussare alla sua porta.
Sin dalle prime battute “Da molto lontano” ha il pregio di rapire il lettore e di condurlo senza sosta in quella che è la nuova avventura di questo poliziotto alquanto eclettico e sui generis. Perché, per chi non lo conoscesse, Balistreri non lotta solo contro gli assassini e i crimini vari, ma lotta primariamente contro il suo lato oscuro e contro quel passato che è un fardello che pende e preme sulle sue spalle. Ci troviamo di fronte ad un uomo che è soltanto l’ombra di quell’adulto ancora energico che abbiamo conosciuto, essendo, al contrario, l’odierno anziano, malinconico, pessimista, disilluso, scontento come tipico della sua ritrovata fascia di età. Un uomo, ancora, che nonostante il suo nuovo status di pensionato, non è in pace per quei fantasmi che da sempre lo accompagnano e per quelli ritrovati che vi si aggiungono, un uomo, che quindi, non può fare a meno di indagare, di mettere un punto.
Come suo solito anche in questo elaborato ritroviamo la caratteristica di Costantini ovvero una trama fortissima a cui si aggiunge una profonda riflessione che in questo caso si sostanzia sugli errori compiuti a cui è impossibile porre rimedio, nonché l’alternarsi del presente e con un passato radicato negli anni novanta. Da ciò ha luogo una profonda e intima analisi in cui lavoro e sfera privata sono una cosa sola, elementi che, se non ben calibrati e affrontati, possono portare, ad un irresistibile desiderio di autodistruzione.
Ha inizio così una delle più avvincenti indagini di Balistreri che ha per oggetto un mistero irrisolto ma che ha la forza e la capacità di invitare chi legge a rendersi conto di quelle profonde e sempre maggiori differenze tra l’Italia di ieri e quella di oggi. La società è mutata, ha assunto nuove dimensioni e nuovi caratteri, ma corruzione e mal costume non sono stati debellati, anzi, hanno semplicemente indossato una veste diversa ancora più subdola e marcia. La sensazione che si dipana nel lettore è quella di una profonda amarezza e disillusione per quei fattori che variano soltanto in apparenza e mai davvero. Anche in questo caso, quindi, oltre che ad un giallo ben costruito e articolato, emerge una indagine primariamente su quello che era ed è il nostro paese. Detta analisi sociale, storica, economica, politica è una delle caratteristiche che maggiormente caratterizzano Costantini e che rendono i suoi scritti ancora più pregiati e degni di nota. Perché il suo non è mai un puro esercizio narrativo quanto, al contrario, la concretizzazione del desiderio di raccontarci la società italiana attraverso gli italiani stessi e la loro capitale.
Il tutto è avvalorato da un linguaggio diretto, fluente, magnetico, dai giusti tempi e dai ritmi cadenzati, dalla trama affatto scontata e dai protagonisti solidi e amabili proprio per quelle imperfezioni e per quella ruvidezza che li caratterizzano e che li costituiscono.