Dettagli Recensione
Una lettura che non lascia scampo
Da molto lontano ha il pregio, per me enorme, che si legge tutto d'un fiato. Sono diventata molto esigente e non mi piacciono quei libri che si lasciano abbandonare per fare altro, soprattutto i gialli. Un giallo deve far saltare sulla sedia, creare un caleidoscopio di colpi di scena e questo, come gli altri libri o "capitoli" della saga, lo fa.
È il sesto della serie dedicata al Commissario Balistreri, un poliziotto decisamente sui generis, che non lotta solo con gli assassini, ma con il suo lato oscuro e con un passato pesante.
Oltre a un fortissimo senso della trama, quindi, c’è tutto il lato della riflessione sulla vita, sugli errori che si compiono e dai quali non è possibile scappare. Si aprono dimensioni profonde e intime, anche perché professione e vita non sono compartimenti stagni per Balistreri. Si intrecciano, riversandosi l’una nell’altra, senza dare tregua al Commissario, che reagisce con rabbia nella professione e si abbandona all’autodistruzione nel privato.
Immergersi (e non ho scelto la parola a caso) nella lettura di “Da molto lontano” è come fare un viaggio nel tempo. Una caratteristica di questo e degli altri libri è che le trame sono ambientate in momenti storici diversi. In questo caso, negli anni '90 e nella contemporaneità.
Si passa da un protagonista già adulto, ma ancora giovane ed energico, a un uomo anziano, più riflessivo che ha una visione diversa del mondo. È in pensione, ma non pacificato, anche se vive una condizione di maggior stabilità. Proprio le persone a lui più vicine lo spingono a tornare a collaborare con i suoi ex colleghi, perché qualcosa nella sua testa rischia di spegnersi, se smette di lottare.
E così, Balistreri torna sul caso che apre il libro, quello su cui ha lavorato negli anni Novanta, in un’Italia eccitata dai Mondiali che non vincerà.
Impossibile non fare confronti sull’Italia di allora e quella di ora, con l’amarezza di constatare che la corruzione e il mal costume hanno solo cambiato forma.
In questo, come negli altri libri, esce un quadro del Bel Paese molto duro, ma molto onesto, molto coraggioso.
Come è coraggioso costruire un personaggio non edulcorato, che è fino in fondo un “cattivo ragazzo”, senza sconti. Un personaggio veramente radicale, che si apprezza di più quando non lo si condivide, perché non si ha mai la sensazione di una scrittura compiacente, fatta per intrattenere senza ferire. Il Commissario Balistreri ferisce, eccome. Solo così si lascia un segno.