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L'investigatore Elia Contini
Torna Elia Contini, protagonista indiscusso dell’ultimo libro di Andrea Fazioli, Gli svizzeri muoiono felici. Chi è Elia Contini? E’:
“Contini non aveva le qualità che di solito si attribuiscono agli investigatori. Era svagato, distratto, a disagio con la tecnologia e con gli estranei. Sempre ai margini delle grandi avventure, delle grandi decisioni, amava soprattutto starsene per i fatti suoi. Eppure, nel suo lavoro, riusciva a essere efficace.”.
Un uomo
“magro, serio, con il volto allungato. Gli occhi azzurri e i lineamenti fini, un po’ asimmetrici, gli davano un’aria da sognatore. Ma sapeva fare domande imbarazzanti al momento giusto.”
Un investigatore un po’ sui generis, che non amava dunque la tecnologia né i pettegolezzi, però:
“il suo mestiere lo faceva bene. Si muoveva tra gatti smarriti e mariti gelosi, cercava di aggiustare quello che poteva aggiustare. Stringeva amicizie con persone stravaganti, che ogni tanto gli tornavano utili. (…) Non era colto, non aveva doti logiche o matematiche, non era uno studioso dell’animo umano. Aveva un solo talento: l’immedesimazione. Contini sapeva mettersi nella pelle di una persona, arrivando fin quasi a provare i suoi stessi sentimenti.”.
Ora deve occuparsi di un caso delicato: la scomparsa, improvvisa ed incomprensibile, nel 1998 di Eugenio Torres, noto medico, fondatore e benefattore in Niger. Un giorno scompare, lasciando la sua famiglia nello sconforto. La moglie, i due figli, Enea ed Annika, non ne sapranno più nulla. Ora dopo tanto tempo, dopo che la loro madre è deceduta, i figli vogliono vederci chiaro ed ingaggiano l’investigatore. Nel frattempo arriva in Svizzera Mousse ag Ibrahim, il quale sostiene di aver ricevuto da Eugenio dei soldi, e una lettera in cui gli chiede aiuto. La Svizzera e il profondo deserto? Due luoghi, due culture opposte. In comune un segreto indicibile. Ma Contini è:
“Un uomo lento: ragionava adagio, annotava decine di minuzie nel taccuino. Sapeva aspettare. Aveva il talento di lasciar parlare la gente, finchè la gente, forse per esaurimento, gli diceva quello che voleva sapere.”.
Il caso è difficile ed ingarbugliato, infatti di lui si parla come della “sindrome di Wakefield, ovvero:
“Wakefield è un racconto scritto due secoli fa da Nathaniel Hawthorne. Pare fosse ispirato ad un fatto reale. E’ la storia di un uomo come ce ne sono tanti, che un giorno esce di casa per un breve viaggio …. E non fa più ritorno. In realtà, per più di vent’anni, continua a vivere in una strada dello stesso quartiere, spiando di nascosto la vita della sua famiglia. Finchè un giorno, ormai vecchio, senza nessun motivo apparente, decide di tornare a casa. “
Un noir sapientemente congegnato dalle fitta trama. I personaggi ben descritti, e psicologicamente ben analizzati, un’ambientazione precisa e alternata tra le belle montagne svizzere, innevate e placide all’apparenza, ombrose e misteriose per chi non le conosce; e i grandi spazi aperti del Niger, ricchi di fascino e di cultura. Una lettura intrigante per una storia narrativamente profonda ed intensa. Lo scontro tra due culture differenti con un unico obiettivo in comune: la ricerca della felicità che serpeggia impetuosa e misteriosa per tutto il romanzo.