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Un'infanzia negata a Gotham City
La fragilità degli angeli di Gigi Paoli è un libro toccante, profondo ed emozionante, capace di toccare temi particolarmente difficili e delicati, quali la compravendita di bambini, le adozioni, la pedofilia, con grande sensibilità e raffinatezza. Dopo Il rumore della pioggia e Il respiro delle anime, un terzo libro che conferma le sue innate doti di scrittore.
Protagonista indiscusso è Carlo Alberto Marchi, giornalista che si occupa di inchieste giudiziarie. E’ un uomo che colpisce, padre-single di una figlia ormai tredicenne, Donata, che promette bene, un po’ svampito, a volte, con i colleghi e con chi gli fornisce i dati per le inchieste assai rispettoso. Una moglie volata via lontano, che lo ha lasciato alle prese con le grandi difficoltà quotidiane di educare e di crescere una figlia da solo, Carlo Alberto Marchi ha una relazione con Olga, una bella avvocatessa, che trascura con infiniti sensi di colpa. Ma è sempre così occupato. Ora è alle prese con la scomparsa di un piccolo bimbo di quattro anni, a cui ne seguirà una seconda di un bambino di otto anni. Carlo cerca di saperne di più, e si aggira famelico all’interno del Palazzo di Giustizia di Firenze, detto “Gotham City”, perché:
“Il progetto era degli anni Settanta e ci avevano messo solo trentaquattro anni per tirarlo su. E per forza: era una accozzaglia enorme di vetro e cemento, con torri vertiginose e spropositate, lunga 240 metri e larga 146. Una città dentro la città, il secondo Palagiustizia più grande d’Italia dopo quello di Torino. Ma mettere nella culla del Rinascimento quell’ammasso di linee oblique e vetrate in discese ardite, quasi più alto della cupola del Duomo, aveva scatenato un vespaio. Era un futuristico, gigantesco pugno in un occhio che un sito Internet internazionale aveva inserito tra i cinque edifici più brutti del mondo.”
Le indagini al riguardo saranno serrate, molti colpi di scena, molte corse in tribunale, tra caffè e puntate in vineria, tra amici, informatori, magistrati e capi della Mobile.
Bellissimo il ritratto del rapporto tra De Marchi e la figlia Donata, adolescente alle prese con le amiche, tutta “Marghe” di qui e di là, “bella zio”, e i primi ragazzini per cui:
“Ho una figlia bella e adolescente, ma presto avrò anche una pistola, una pala e un alibi di ferro. Che si sappia.”.
Sullo sfondo Firenze, in un autunno soleggiato, dove ancora forte si sente l’influenza del Mostro e delle sue nefandezze.
Un giallo ben congegnato, una prosa mai violenta, molto scorrevole ed intrigante. I personaggi sono ben costruiti, con le loro storie, i loro timori, i loro segreti. Tematiche di grande attualità contribuiscono in modo preponderante a rendere la narrazione accattivante e di particolare pregio letterario.
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