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Il poliziotto paria ed il coccodrillo
L’ispettore Lojacono è un reietto. Un pentito di mafia ha indicato il suo nome come quello della talpa che, ad Agrigento, passava informazioni alla criminalità organizzata. Per questo motivo, senza avviare un’inchiesta formale, è stato isolato, trasferito a Napoli, all’ufficio denunce, e relegato ad una eterna sfida a scopa col computer. Tuttavia, quando cominciano ad essere uccisi alcuni giovani senza apparente motivo, il suo spirito investigativo lo spinge ad interessarsene, nonostante il suo superiore gli abbia formalmente vietato ogni coinvolgimento. Gli indizi trovati sui luoghi dei delitti (il bossolo di una pistola di piccolo calibro e fazzoletti intrisi di lacrime) lo portano ad escludere la matrice camorristica degli omicidi. Lo spirito deduttivo che dimostrerà nel cercare di capire chi è il Coccodrillo (nomignolo affibbiato dalla stampa al serial killer, per via delle lacrime), incuriosirà la dott.ssa Piras, giovane sostituto procuratore, incaricata di svolgere l’attività istruttoria. Assieme seguiranno una pista che si discosta molto da quella degli altri inquirenti. Alla fine sarà questa la strada giusta per individuare il Coccodrillo.
Per quanto sia un sincero ammiratore della prosa di De Giovanni e che ami particolarmente le storie del Commissario Ricciardi, ho esitato parecchio prima di affrontare la serie dei Bastardi di Pizzofalcone. Questa mia ritrosia in parte era giustificata dal fatto che ero restio a farmi impelagare nell'ennesima saga che, al momento, conta già più di sette romanzi. Ma la remora maggiore derivava dall'impressione che lo stile narrativo di De Giovanni, composto, attento ai sentimenti ed ai personaggi, talvolta sognatore e poetico, sia perfetto per l’ambientazione storica anni ‘30, quando la vita scorreva più lenta, pacata e meditativa e c’era più tempo per osservare le cose e riflettervi sopra. Al contrario temevo che lo fosse assai meno per una vicenda moderna. Nella realtà attuale, nella quale sembra che non ci sia neppure il tempo per pensare, ma solo quello di agire freneticamente, le accurate pennellate d’ambiente, la cesellatura dei personaggi, la scrupolosa analisi dei sentimenti, mi sembravano vagamente anacronistiche.
Tuttavia essendomi imbattuto, casualmente, in uno dei volumi al centro della sequenza, diligentemente ho deciso di ripercorrere in senso cronologico, tutto il ciclo.
Dalla lettura di questo romanzo d’esordio ho avuto conferme e smentite ai miei dubbi. Premesso che anche qui l’A. dimostra una ammirevole padronanza della lingua e dello stile narrativo, e la trama è oltremodo avvincente ed incalzante, mi è parso che l’esposizione sia un po’ troppo sgranata e frammentaria. Nel tentativo di rendere più dinamico il racconto si è proceduto ad una accelerazione quasi affannosa, che se, da un lato, dà ritmo al racconto, trascinando il lettore, dall'altro fa perdere il gusto di assaporare le singole frasi, le singole descrizioni, marchio di fabbrica di De Giovanni.
Si ha l’impressione di assistere alla proiezione di una serie di diapositive che mostrano piccoli squarci della vicenda, brevi lampi di luce che non consentono la visione complessiva. Solo a fatica e con il procedere della lettura, diviene via via comprensibile e palese la trama.
Assecondando il ritmo imposto, le digressioni, per così dire poetiche, tipiche nella serie di Ricciardi, sono qui meno frequenti e meno oniriche, e nonostante ciò, in alcuni casi appaiono fuor di luogo, poiché impongono un non desiderato iato all'incalzare delle vicende, quando, invece, sarebbe più opportuno calamitare ulteriormente l’attenzione del lettore.
In sintesi, comunque, si tratta di un ottimo romanzo anche se non perfetto e un gradino al di sotto di quanto siano abituati i fan di De Giovanni con la serie di Ricciardi.