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morte nei siti archeologici romani
Dopo aver pubblicato E’ così che si uccide e La forma del buio, Mirko Zilahy scrive Così crudele è la fine, concludendo così la trilogia che vede protagonista il commissario Enrico Mancini. Un libro che:
“è un thriller che indaga sul tema dell’identità, raccontato ed analizzato dalla letteratura e dalla psicoanalisi, ma anche dalle arti figurative di ogni tempo e latitudine. Dalle considerazioni ai saggi di Jung e Freud fino alle opere di Stevenson, Wilde, Collins, e, ovviamente, Poe.”
Due sono gli omicidi di cui deve occuparsi: l’uccisione del pianista Paolo Tancredi a cui vengono amputate quattro dita e quello di Monica Langi, ex assistente sociale a cui vengono, invece, tranciate di netto le orecchie. Due persone ammazzate e ritrovate morte dentro siti archeologici. Enrico Mancini, però:
“E’ una vecchia conoscenza della cronaca nera della capitale. Una leggenda che si sta trasformando in farsa, in un tragico bluff, un profiler formatosi niente meno che alla scuola americana di Quantico, un professionista di specchiata integrità, un indagatore acuto e infallibile…. (…) Oggi è un vedovo afflitto da un lutto patologico, dedito all’alcol e ormai senza nerbo. “.
Non c’è scampo in questa indagine per lui, perché:
“la vita è davvero buffa. E la fine è così crudele”.
Un libro alla ricerca di una propria identità, in un continuo rimando di giochi degli specchi, carico di potenza e di pathos. Una narrazione, però, che ho trovato pesante, con poco ritmo, ristagnante ed oppressiva. Verso la fine poi si riprende un po’, ma nella precedente latita e con scarsi colpi di scena. Mentre la raffigurazione visuale di Roma, della sua bellezza, dei suoi siti archeologici, antichi e misteriosi, non sono solo uno sfondo, ma sono parte integrante e precipua del testo stesso e del suo dipanarsi.
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