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Delitti tra mare e maremma
Poggio alle Ghiande è una splendida tenuta che si stende tra il Tirreno e le colline della Maremma. I proprietari sono i gemelli Cavalcanti che, pur essendo omozigoti, non potrebbero essere più diversi di così: Alfredo è un uomo d’affari sempre di corsa, mentre Zeno è un collezionista d’arte, decisamente anticonformista e “sopra le righe”. A Poggio alle Ghiande passano le vacanze alcune persone che definirle stranamente assortite ed eterogenee è un eufemismo. C’è una professoressa di chimica che si diletta a distillare strani estratti vegetali, un meccanico di F1 stanco dei rumori della pista, una moglie tradita ed abbandonata, un ex direttore d’orchestra iconoclasta con relativa consorte ed una serie di estrosi “famigli”.
Qui si incontrano per motivi diversi Margherita Castelli filologa chiamata da Zeno a catalogare la sua vasta collezione, e Piergiorgio Pazzi, medico epigenetista che vuol esaminare il DNA dei gemelli. Sono personaggi che i lettori appassionati di Malvaldi hanno già incontrato nel romanzo “Milioni di milioni”. Ovviamente, giacché essi sono i protagonisti di un romanzo giallo, come arrivano ci scappa il morto. In questo caso più d’uno. Tutto pare girare attorno alla proposta d’acquisto che la società finaziaria cinese SeaNese ha fatto per la tenuta, al fine di trasformarla in un lucroso resort. Alfredo, in bolletta dura, non aspetta altro. Zeno, che a Poggio alle Ghiande ha trovato il suo buen retiro, è fermamente contrario. Poi entreranno in ballo anche altre questioni “artistiche” a complicare il già contorto rapporto tra i personaggi e l’enigma che dovranno sbrogliare le autorità inquirenti.
Come al solito Malvaldi, pur parlando di morti ed intrighi, riesce ad essere sempre allegro e scanzonato. Anche questo romanzo perciò è godibilissimo e si legge in pochissime sedute di lettura estremamente piacevoli e rilassanti. Il rovello poliziesco non è particolarmente originale (vedere in calce per chi non teme gli spoiler), ma, comunque, è ben trovato e ben esposto. I personaggi sono tutti assai divertenti e, essendo rigorosamente toscani, tutti hanno la battuta pronta tagliente e salace che non tarda a far sorridere o ridere di gusto il lettore.
Inoltre, come spesso accade nei suoi romanzi, il dott. Malvaldi non si lascia sfuggire l’occasione di salire in cattedra per distribuire qualche perla di saggezza scientifica, che aggiunge un po’ di sale alla pietanza già di per sé gustosa.
Ovviamente nulla da aggiungere sullo stile, sempre perfetto. Da superpignolo posso solo dire di aver notato un paio di sviste ed uno strano teletrasporto spaziale di un personaggio, ma nulla che disturbi più di tanto.
In definitiva un ottimo passatempo. Personalmente, visto che provenivo da un paio di letture decisamente più pesantucce, è stato come aprire una finestra per far entrare aria fresca e profumata in una stanza troppo a lungo tenuta serrata. Solo per questo l’A. si merita il mio sentito ringraziamento.
Per concludere un piccolo (preannunciato) SPOILER dedicato al dott. Malvaldi personalmente, nell’ipotesi, per vero assai improbabile, che il suo occhio capiti a leggere queste righe. E’ vero che, come lui testualmente scrive nella sua postfazione “chi scrive romanzi non inventa quasi mai nulla, e che gli esseri umani nel loro insieme hanno molta più fantasia di qualunque romanziere”. Nella fattispecie, l’idea di base del romanzo è stata usata come ragion d’essere di un gustoso film di tanti anni fa (1968). Si intitolava “Nemici per la pelle” (titolo originale: Le Tatoué), diretto da Denys de La Patellière, con i grandi Louis de Funès e Jean Gabin. In quel caso non si parlava di Ligabue, ma di un ancor più prezioso Modigliani, ma, in fondo, sempre era sempre un “vendere la pelle dell’orso, prima d’averlo ucciso” o, se si vuole “di salvarsi la pelle”. Comunque, in tutta onestà: il precedente l’ho ricordato solo a trame svelate…