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Un innovatore metodo teatrale
Il metodo Catalanotti di Andrea Camilleri è l’ultimo romanzo che vede protagonista il famoso commissario Montalbano Salvo.
Si inizia con il solito Mimmì Augello, solito “fimminaro”!, che dovuto fuggire da un incontro “galante” con la bella Genoveffa, calato giù da un balcone, finisce in un appartamento con una “sorpresa”: nientemeno che un morto, vestito di tutto punto, persino con le scarpe. Come fare? Mentre con Montalbano studiano come uscire da una tale situazione, devono occuparsi di un altro cadavere. Solo che non è il loro! L’indirizzo del deceduto è diverso, e costui corrisponde al nome di Carmelo Catalanotti. Che, in vita, era un uomo strano. Viveva di rendita, a volte faceva l’usuraio, ma a prezzi modici, e soprattutto è l’inventore del cosidetto “metodo Catalanotti”:
“Per lui il teatro era il testo. Tutto doveva nascere dal testo. Anche i costumi, le scene, le luci derivavano dalla scrittura teatrale. Fondamentale era il suo lavoro sull’attore.
E’ un po’ complicato, provo a spiegartelo: Carmelo voleva che ogni attore per interpretare il suo ruolo partisse da qualcosa di profondamente personale. Che so, un trauma, un momento di vita, un amore sbagliato, un’esperienza privata, profonda, intima, che in qualche modo potesse servire a quello che il testo richiedeva. (…) Cominciava a scavare nell’intimo di un attore per cercare, per esempio, l’equivalente di un senso di assenza, come può essere la vedovanza, e in questo era abilissimo. Riusciva ad abbattere le difese personali di chi gli stava davanti fino a fargli emergere un qualcosa di similare: un lutto recente, un divorzio, persino un trasloco, insomma un’emozione traumatica che avesse a che fare, come in questo caso, con una mancanza, con un vuoto. (…) Direi piuttosto uno Stanislavskij corretto, rivisto e modernizzato.
Carmelo aveva la straordinaria capacità di tirare fuori da ognuno di noi tutto, dico tutto, quello che avevamo dentro. E adoperarlo in funzione teatrale. Mi creda, era come una cura, dopo ogni spettacolo io e il mio compagno avevamo voglia di correre, tanto ci sentivamo…. Come dire, liberati, sciolti. Il prezzo pagato era altissimo e sconvolgente, certo alcuni dei miei colleghi non si sono sentiti di affrontarlo. Non tutti hanno questa voglia di confrontarsi con le loro verità più nascoste.”
Un immersione totale nel mondo del teatro, dove traspare la grande passione dell’autore stesso. Coniugata con il procedere assicurato delle indagini.
Un romanzo sulla passione: sia per il teatro come per l’amore. Infatti il commissario qui conosce Antonia, capo della scientifica, e tornato indietro alla gioventù, se ne innamora. La storia d’amore con Livia segna il passo coi tempi, lei è lontana, sempre più assente e distante. Una sorta di malinconia – velata e mitigata da una sorta di dolcezza, percorre tutto il romanzo. Montalbano non è più giovane, il tempo trascorre inesorabile, e le forze non sono più quelle di una volta. Ma… un guizzo liberatorio sarà centrale nella narrazione e nel finale più enigmatico e fascinoso che mai.
“un romanzo, tecnicamente suggestivo, che una relazione dirompente racconta in modo da farle raggiungere il più alto grado di combustione nei versi di una personale antologia di poeti.”.
Un romanzo che accompagna con tenerezza il lettore alla scoperta dell’animo profondo di ogni essere umano, con fascino e rara intensità.