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Una drammatica saga familiare
Laura Astuni , dopo aver pubblicato Le due valve di una conchiglia, e Occhi di gatta, torna in libreria con Tacco12. Un libro davvero meritevole, intrigante e profondo come non mai.
Racconta di come la piccola tranquillità di una provincia del Basso Piemonte venga sconvolta da un evento terribile: l’uccisione di sette persone ritrovate cadaveri e orribilmente mutilate prima di essere abbandonate in un fosso. Non solo, dettaglio macabro si aggiunge a dettaglio macabro; poiché sul luogo dell’abbandono viene trovata sempre una elegante scarpa rossa, con il tacco molto alto, 12 appunto.
Ad occuparsi delle indagini è il commissario Volpe, un siciliano con molte vistose ferite, ombroso, taciturno, ma con un’ottima conoscenza di tecniche investigative e dotato di un ottimo fiuto investigativo. Ha un segreto che gli ha sconvolto la vita, che affonda tenace le sue radici in un passato sofferente, sconvolgente e tormentoso. La mafia gli ha, infatti, ucciso prima il padre, poi la moglie e il bambino che stava per nascere, per cui:
“una volta una donna mi ha detto : ognuno di noi porta sulle spalle una croce credendo di sopportare il dolore più grande del mondo, invece, se riuscisse a trasportare il proprio fardello in una piazza gremita per confrontarlo con quello degli altri, allora sarebbe contento di ritornare a casa con il proprio.”
Anche se:
“dalla morte del padre aveva sempre camminato su cocci di vetro e con le vespe nel cuore, ma, ora, stava per cominciare una nuova vita.”
Ora pare che questo piccolo paesino del Basso Piemonte non sia poi in effetti meno omertoso di quello siciliano, fino a quando una lettera anonima pare squarciare questo clima. E’ una filastrocca per bambini che deve essere interpretata per coglierne il significato, che conduce i sospetti su un unico indiziato: la potente famiglia Dellavalle, proprietaria di una clinica del luogo.
“In paese tutti erano al corrente delle debolezze della famiglia, ma facevano finta di niente, per il grande rispetto che portavano al capostipite, già afflitto da un tragico lutto familiare.”
Il ritrovamento di tante scarpe rosse sepolte in una rimessa del giardino nella casa di Dalia Dellavalle, la figlia più giovane, condurrà inevitabilmente al suo arresto. Ma non sarà questa la verità: e il commissario, tenace ed intuitivo, comprende subito di essere su una falsa pista. Fino all’epilogo, curioso ed inaspettato.
La narrazione alterna continuamente riferimenti al presente e ritorni d un passato, tragico e profondo. Tutti i protagonisti, ad iniziare dallo stesso commissario, sono avvolti in un bozzolo di dolore, che li segna inevitabilmente. Ricordi che sono macigni oppressivi nella vita di ognuno di loro; ma che rendono la lettura del testo sempre più avvincente. Ogni personaggio è una storia a sé, un caleidoscopio di dolori, sofferenze, rimpianti, e ricordi di un passato che non può che condizionare il presente. L’apparenza, infatti,
“non corrisponde mai alla verità e la verità assoluta non esiste.”.
Un testo magicamente scritto, una prosa veloce ed intensa che immerge nella narrazione. Un costrutto narrativo perfettamente congegnato, in cui ogni tassello della grande storia viene incamerato in un discorso vasto e preciso. Una vicenda interessante, profondamente intessuta di attualità, che avvince e colpisce positivamente.