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Così giocano le bestie giovani
 
Così giocano le bestie giovani 2018-07-15 07:54:16 ornella donna
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ornella donna Opinione inserita da ornella donna    15 Luglio, 2018
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Una storia italiana degli anni '70

Davide Longo, insegna Scrittura alla Scuola Holden. Tra i suoi romanzi: Un mattino a Irgalem, Il mangiatore di pietre, L’uomo verticale, Ballata di un amore italiano, Il caso Bramard. Ora torna in libreria con Così giocano le bestie giovani. Un libro che è:

“un gioco letterario vero e ruspante, dove la sapidità della trama va a scalare tra le zolle di una territorialità dell’anima, con la lentezza e la precisione di uno scalatore della narrativa: schietto, credibile, sicuro come i suoi sdruciti protagonisti.”.

Sullo sfondo di una città, Torino, che:

“respirò la città con la sua tenebra, la sua ritrosia, e i gas delle auto. Erano simili in fondo: due scritture difficili che dicevano poche cose semplici.”.

Nel 2008 nella prima periferia torinese vengono ritrovati dieci cadaveri che paiono risalire alla Seconda Guerra mondiale, sepolti in una fosse comune vicino ad un passante ferroviario. Così pare a prima vista, ma un bottone di un paio di jeans installa in Arcadipane, incaricato delle indagini, qualche perplessità. Anche se i suoi diretti superiori non condividono le sue tesi, lui inizia una indagine parallela. E non può farlo se non rivolgendosi al suo ex capo, il commissario Corso Bramard, che si è rifugiato lontano, in una forzata auto reclusione per cercare di dimenticare la morte dell’amata Michelle, dedicandosi all’insegnamento. Ma Arcadipane sa che lui all’epoca c’era, ed è depositario di molte verità. Lui da parte sua è perspicace, ma insicuro, combatte strenuamente contro i suoi fantasmi, le sue debolezze, l’incapacità di comprendere i figli, un matrimonio con delle indubbie difficoltà, con l’unica compagnia di un cane zoppo, Trepet, e i sucai, i famosi bottoncini di liquirizia dolce e zucchero. Dall’altra Bramard che rivive i suoi vent’anni in una Torino del 1974, in cui ha conosciuto Stefano Aimar, estremista di sinistra il cui cadavere viene ritrovato quarant’anni dopo sepolto in un campo incolto vicino all’autostrada. Tutto riporta ad un attentato compiuto in via Lampredotti, dove:

“la notte tra il 20 e il 21 ottobre del ’74 qualcuno buttò due molotov dentro una sede dell’Msi in via Lampredotti.”.

La ricerca della verità, dunque, compie un lungo percorso che riporta indietro nel tempo a furori eversivi ed attentati postbellici, ad un sogno mai realizzato che si scontra con una tesi amara e violenta.

Il libro di Davide Longo racconta una storia degli anni ’70 con una prosa raffinata e precisa; accompagnando il lettore attraverso un excursus difficile e complicato, ma degno di una lettura avvincente e complessa nella sua intimità.


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Commenti

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Un'ottima e molto interessante recensione, Ornella. Non conosco questo autore, ma sicuramente me lo segno per approfondire.
Grazie davvero. Segnatelo. e se riesci a trovarlo, magari in biblio, leggiti anche il caso Bramard, lì dove tutto ha inizio e se ti piace anche Ballata di un amore italiano. Quest'ultimo è bellissimo, è di un po' di tempo fa, ma merita davvero-
ciao cara.
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