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Una famiglia di mafia
Vincenzo Carrozza, imprenditore, agricoltore, chirurgo. Ha lavorato a Londra, New York, Stoccolma e Torino. Con A famigghia ha ricevuto il riconoscimento Peppino Impastato-Peppino Valarioti per l’impegno civile contro le mafie. La storia di un uomo di mafia, dura e forte, che non lascia scampo. Un romanzo che può essere anche un saggio, per come descrive, con perizia di particolari e sapienza di linguaggio, i meccanismi, i “valori” intrinsechi, le leggi, il modo di ragionare e di comportarsi di una famiglia mafiosa in Aspromonte.
Ambientato ad “’Ndrangheta City”:
“La città dove vivo si chiama ‘Ndrangheta City. E’ una città del Sud, che galleggia sulle sponde del mar Ionio. Una città gradevole, assolata, piena di oleandri fioriti che nascono spontanei anche nelle discariche abusive e negli scarichi delle fogne. Per il Mondo, la mia città è collocata in montagna, nel cuore dell’Aspromonte. Si pensa questo perché da ‘Ndrangheta City partono i servizi dei telegiornali e dei giornali, se capita l’ammazzatina di qualche criminale onorato. Gli omicidi succedono in città, qualcuno anche sulla spiaggia, ma i servizi dei bravi giornalisti mostrano sempre boschi e bunker di latitanti invece del mare, degli oleandri e delle palme. “.
E’ la storia di vita di Ruggero, nato in Germania, ma ben presto tornato nel suo paese d’origine. Lui è “ndranghetista insaputo”:
“Io sono ‘ndranghetista inconsapevole, per diritto di nascita. Quando i nostri “amici” e “compari del crimine della “ndrangheta” mi chiedono cosa voglio fare da grande, rispondo che il mio destino è essere uomo d’onore. Però dentro di me ho un altro sogno, quello di essere dottore.”.
Il contesto familiare in cui il protagonista si forma è quello dominato dalla ‘ndrangheta, a cui si deve obbedienza cieca e rispetto assoluto. Su tutti vigila la figura del Padrino, uomo padrone assoluto di vita e di morte, colui che gli insegna le dieci regole d’oro a cui Ruggero deve sempre e comunque attenersi, colui che gli insegna i rudimenti, le cerimonie di affiliazione e i problemi da risolvere. Un monarca che gli impone anche di studiare, per evolversi e conquistarsi un posto di rispetto. Ma il caso è tiranno, e la morte precoce del padre costringe Ruggero alle proprie responsabilità. Deve aiutare la madre, i suoi fratelli, le spese economiche. Non può che tornare in seno “a famigghia” che lo accoglie e lo aiuta. Perché “la famigghia” non dimentica, attende ed aiuta chi è in difficoltà. Qualcosa va storto, ed ecco allora i nove anni di carcere, dove Ruggero studia e diventa chirurgo. Uscito e scontata la pena, va via lontano, una fuga, forse una redenzione.
Ma il male è sempre lì, pronto a colpirti, quando meno te l’aspetti, e il cammino è arduo.
“Questo male che mi porto dentro dalla nascita. (…) Ogni volta mi ha riportato indietro con le sue ombre. Non hanno avuto importanza la bravura, lo studio, l’abilità delle mani, la forza del mio cuore. (…) Avrei sopportato il male che mi teneva prigioniero se non si fosse fatto fuoco nella bocca degli altri. “.
La storia avvincente ed intrigante di un uomo che
“ha ancora una croce da portare. Una croce sulla spalla sinistra che trascinerò, con tutto il suo peso, fino al termine del mio cammino.”.
Un viaggio, preciso e dettagliato, all’interno della mafia, delle sue logiche contorte, dei suoi comportamenti assassini. Con l’assunto speciale, finale, che si può superare le proprie cattive origini, cercando una identità nuova, più completa e più logica, con un velo e uno sguardo rivolto anche ad un passato difficile e sanguinoso. Un’ottima lettura, per un libro scritto con una prosa attenta e lineare, che non smette mai di stupire.