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Il metodo Catalanotti
 
Il metodo Catalanotti 2018-06-17 21:45:39 lapis
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
lapis Opinione inserita da lapis    17 Giugno, 2018
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Verosimile o similvero?

Andrea Camilleri porta nuovamente in scena la sua creatura più splendente con una nuova avventura interamente dedicata al mondo del teatro, che l’autore siciliano così ben conosce e ama. E, per una volta, trasforma i suoi affezionati lettori in veri e propri spettatori.

Sul palcoscenico letterario si mescolano realtà e finzione, in uno strano gioco delle parti. Attori che recitano le proprie verità. Cadaveri che si sdoppiano e si nascondono. Drammi sociali che diventano scenografie. Addirittura brani in corsivo si stagliano dalle pagine per incastonare scene drammatiche o divertenti, dotate della forza immaginifica di un film, o citazioni poetiche a sottolineare attimi di intensa emozione. Perché in questa rappresentazione sono in scena, ancora una volta, le passioni. Le passioni di Salvo Montalbano.

La sua acuta curiosità di sbirro, innescata dalla figura di Carmelo Catalanotti, vittima dai connotati oscuri e ambigui. Colto lettore, usuraio di medio calibro, regista sperimentatore di un proprio, personalissimo, metodo di recitazione basato sullo scavo psicologico e sulla ricerca di quella goccia di verità nascosta, capace di trasformare un attore in un interprete del similvero. Poi lo sdegno civile, di fronte a un mondo che priva gli uomini del lavoro e, così, della dignità e nega ai bravi giovani persino la possibilità di sognare un futuro semplice. E, infine, la passione di un uomo che si sentiva destinato a un lento tramonto e, all’improvviso, si sente vivo, in preda alle impetuose emozioni di un’inaspettata e irrinunciabile fantasia sentimentale.

Molto semplice la trama e piuttosto prevedibile la pista criminosa, la bellezza della scrittura di Camilleri sta nella straordinaria capacità di tracciare scenari, che siano ambientali o piscologici. Uno dei romanzi più introspettivi della serie, in cui le malinconiche riflessioni e gli imprevedibili entusiasmi del commissario diventano trama a sé.

Con la solita penna ironica e leggera, che sempre incanta, Camilleri incastona un nuovo, importante tassello nella storia del suo personaggio, che, mai come stavolta, ci appare fragile e umano. A fine lettura, prevale una sensazione dolce-amara di stordimento, di sospensione in una strana dimensione di irrealtà dove l’impossibile sembra possibile.

Un po’ confusa, non mi rimane che salutarti, Salvo. Alla prossima avventura.

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