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Semplicemente un capolavoro
Come ho aperto il libro ho avuto chiara la sensazione di aver ritrovato dei vecchi amici, di quelli con cui ci si vede magari solo una volta all’anno. C’è il brigadiere Maione un po’ ingrassato, tanto che si è messo a dieta e poi c’è l’Enrica, una presenza silenziosa, non appariscente, ma capace di dare luce a una notte e a un’intera vita. Il dottor Modo, nonostante il suo antifascismo, è ancora lì e sembra dirmi che la vita deve essere presa con ironia, sì con uno spirito leggero, e se detto da lui c’è da credergli, perché i suoi clienti non sono di certo ciarlieri, muti come possono solo esserlo i cadaveri.
E poi c’è lui, quegli occhi intensi, in cui sembra galleggiare il dolore del mondo, un uomo Ricciardi a cui tenderei subito la mano per prendere un po’ della sua sofferenza e per vederlo un po’ sereno, magari al braccio di Enrica, la cui madre s’è messa in testa di accasarla con un bellimbusto e nemmeno a farlo apposta la giovane deve anche confrontarsi con la bellissima Livia, che si è incapricciata del commissario, il tutto nel corso di una difficile indagine per la soluzione di un efferato delitto e in un’estate particolarmente torrida.
Cari amici, tutti, è sempre un piacere essere con voi, anno dopo anno, stagione dopo stagione, entrare in quelle pagine per presenziare, ospite invisibile, alle vostre storie, per essere partecipi della vostra esistenza che non ha nulla di titanico, di grandioso, ma che riflette i vostri caratteri fondamentalmente buoni, con quel senso di pietà che vi accompagna di fronte alle vittime dei delitti e davanti agli omicidi che assicurate alla giustizia.
Caro Maione, caro Ricciardi, cara Enrica, non sapete quanto mi siete mancati dal nostro ultimo incontro. Ora vi vedo nuovamente, fra le pagine del libro che sfoglio, fra le righe che divoro, coricato sul letto la sera in attesa di un sonno che, grazie a voi, non potrà che essere ristoratore, accompagnato dalla vostra presenza nei miei sogni.
Lo so che quanto ho scritto è un po’ strano per una recensione, per quelle righe che un lettore attento compone per giustificare il suo giudizio su un’opera.
Ma voi siete quest’opera, voi e tutti i personaggi che la animano, in un’atmosfera falsa tipica di un regime, dove non si deve parlare né di miseria, né di crimini.
A volte pure mi commuovo, e voi non ve ne accorgete, perché non mi vedete e forse è anche meglio, perché così non perdete quella naturalezza di gesti e di comportamenti che vi contraddistingue.
Stare con voi è meglio di vedere un film della televisione, essere insieme a voi è un confrontarsi continuamente, riscoprendo quei vizi e quelle virtù che, in maggiore o minor misura, sono dentro di noi.
Voi siete un’umanità reale, tangibile, che ora non si trova più in un mondo in cui ognuno è diverso da quel che appare; voi invece siete limpidi, con i vostri sentimenti, le vostre emozioni, i vostri amori, le gelosie, il desiderio di un mondo più giusto. In proposito, cari Ricciardi e Maione mi piacete tanto perché non siete dei giustizieri, ma cercatori di verità, incrollabili, tutti tesi allo scopo, ma anche misericordiosi, comprensivi senza indulgere al troppo facile perdono.
Siamo arrivati all’estate e poi ci sarà l’autunno, l’ultima delle quattro stagioni, a quanto pare.
Ma io vi voglio vedere, vi voglio ritrovare ogni anno e anche se non sono napoletano prego San Gennaro perché sia così e che illumini Maurizio de Giovanni, pure lui presente e invisibile a voi, ma che, a differenza di me, vi suggerisce ogni passo.
Anche a nome vostro chiedo perciò a San Gennaro di farci la grazia che de Giovanni continui a permettere questi nostri indimenticabili incontri.
Quanto a voi, in preda alla commozione, dico arrivederci, cari, grandi, splendidi amici, come splendido è il libro che vi racchiude.
Indicazioni utili
La condanna del sangue. La primavera del commissario Ricciardi, di Maurizio de Giovanni
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Non vedo di leggere tutti gli altri.