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Il marchio dell'infamia
In una Napoli battuta da un vento impetuoso, in cui non si riesce a distinguere bene dove finisca la pioggia e dove comincino gli schizzi delle onde, si svolgono le indagini relative alla morte violenta di una donna della così detta "alta società", ad una ragazzina appena diciottenne che non esce mai da uno strano appartamento, ad una serie di suicidi a dir poco sospetti. Ad investigare su questi casi troviamo gli agenti del commissariato di Pizzofalcone, una masnada di scarti di altri distretti, poliziotti segnati da errori commessi in passato che restano impressi sulla loro reputazione come macchie di inchiostro indelebile. Ma è lo stesso commissariato ad essere bollato con il marchio dell'infamia, a causa di una brutta storia di droga messa su da chi ha preceduto i nostri eroi. Lavorare sentendosi addosso il peso degli errori, propri ed altrui, venire additati con l'appellativo di "bastardi", non è certo una passeggiata per Lojacono, Aragona, Di Nardo, Romano, Pisanelli e Calabrese, capitanati dal buon commissario Palma. Uomini e donne pieni di fantasmi e di problemi personali, che buttano anima e corpo nel lavoro per cercare di lasciarsi alle spalle, almeno per qualche ora, i guai che li affliggono. Attraverso storie di solitudine, di violenza domestica, di malattie, di ossessioni, De Giovanni ci presenta diversi spaccati di vita privata che mettono a nudo i protagonisti svelando prima le persone che i poliziotti, prima le debolezze che i punti di forza, prima il lato privato che quello, comunque ineccepibile, professionale. Un romanzo poliziesco, insomma, incentrato più sull'aspetto umano che su quello investigativo, senza intricati casi da risolvere, clamorosi colpi di scena, machiavellici intrighi. Storie ordinarie e per questo più vicine alla realtà, non prive però di un certo fascino "giallo", raccontate con uno stile semplice ma mai banale, ricco di dialoghi, scorrevole e lineare. Ottima la caratterizzazione dei personaggi, privi di qualsiasi cliché, ognuno con aspetti peculiari in cui il lettore, inevitabilmente, finisce per riconoscersi. “E già. Siamo i nuovi Bastardi di Pizzofalcone, no? Quelli che fanno schifo ai poliziotti, per diritto ereditario; ai delinquenti, perché pur sempre poliziotti; alla gente comune, un poco per diritto ereditario e un poco perché pur sempre poliziotti. A noi stessi, perché ognuno si sente ingiustamente mandato qui insieme ad altri reietti.”
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