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Il fascino rinnovato di Bruno Morchio
Bruno Morchio torna sulla scena letteraria con Un piede in due scarpe, un libro in cui pare rivoluzionare quelli che sono stati tutti i suoi modelli, da Bacci Pagano in poi. Un giallo in piena regola, che affascina ed intriga sin dall’inizio.
Si incomincia con lo psicologo Paolo Luzi, vicino ai quarant’anni solo e in preda ad un dolore cieco, che riceve una strana cliente: Teresa Gorrin., che formula una sproposita richiesta. Pretende da lui un motivo di dissuasione al compito che si è prefissa: uccidere il suo amante Luca Latorre. Luzi è afflitto dal “fiuto del cane”, un modo di annusare e di conoscere particolare, al di là della norma, molto utile per il suo lavoro. Un dono:
“per cui sente il collo irrigidirsi fino a diventare un blocco di pietra. (…) Quella reazione poi gli segnalava senza possibilità di errare chi mentiva. (…) Ogni volta che qualcuno gli raccontava una bugia il suo collo si inceppava diventando una colata di cemento a pronta presa.”
Di conseguenza manda via Teresa non credendole. Fino a qualche giorno dopo quando scopre che Luca è stato assassinato e Teresa è l’unica indagata. Lo psicologo, sicuro della sua innocenza, mette a disposizione della polizia e del commissario Ingravallo, la propria testimonianza e la propria esperienza. Da qui in poi le indagini scorrono parallele, fino alla scoperta dell’unico e vero esecutore materiale.
Il libro è sicuramente un giallo, ma per l’autore l’assassino è solo uno spunto per riflettere acutamente su temi importanti, quali l’amore, l’amicizia, in un susseguirsi senza fine. E’ un contraltare finissimo, dove emergono, per esempio, la storia dei pazienti di Luzi e i loro problemi. Ad esempio come nel caso della professoressa Olcese, innamorata, senza mai dichiararsi, di un suo studente, dove emergono prepotenti il senso della nostalgia, del tempo andato, il ritorno alla gioventù, mai del tutto superata. Caratteristiche tipiche anche “degli inseparabili”: un gruppo di amici, quali Luca, Teresa, Sonia, Federica, Marco e Gioconda, che si frequentano sin dai tempi del liceo, che hanno vissuto, ma che in realtà sono sempre rimasti fermi al tempo passato, che è stato e non è più. Un’altra importante fonte di rinnovamento per l’autore è la caratterizzazione di Paolo Luzi, quasi un alter ego di chi sta scrivendo, profondamente agli antipodi di Bacci Pagano. Luzi ha avuto un lutto sconvolgente, che da dieci anni gli impedisce di vivere appieno. E’ un uomo razionale, mai impulsivo o passionale, ed è proprio la sua calma e la sua impassibilità ad attrarre il lettore. E’ un uomo normale, è:
“immerso nella penombra di un perenne imbrunire, senza un lampo di entusiasmo, privo di ambizioni e refrattario a qualsiasi desiderio.”
Lo stesso dicasi per il commissario Ingravallo, di cui il riferimento a Gadda è esplicito, un commissario alla Maigret, che riflette, soppesa i pro e i contro, valuta, analizza in profondità e con discernimento. Un altro aspetto importante e da segnalare sono la ricchezza di citazioni e di riferimenti letterali: ad esempio Kafkaa, Borges, Landolfi, Leopardi, Dante, Simenon, fino al Giovane Holden e a tanti altri libri. Riferimenti che completano ed innalzano una narrazione veramente intrigante e assai colta. Ultimo tema è Genova, quasi un alter ego della trama. Ma attenzione: non è una Genova ampliamente descritta, è la Genova del 1992, dove Mani Pulite e i suoi giudici andavano a sconvolgere un mondo corrotto e corruttibile. E’ una Genova più profonda, che ammicca. Ben simboleggiata dalla figura della marchesa Federica Brignole Sale, nobildonna, che vive in un palazzo della città vecchia, assai fatiscente ma aristocratico. Immagine che muta quando entriamo nell’appartamento e scopriamo un museo, curato, con dipinti di valori e marmi d’epoca, tappeti. Ecco qui Genova è lo stesso: nasconde, quasi con trafelata gelosia, le sue ricchezze. Genova si respira nell’oscurità e nella sua insita bellezza.
Un libro bellissimo, un viaggio all’interno delle vite dei protagonisti del romanzo, in cui tutti quanti vivono attanagliati, in vari modi e misure, ad un passato che li ancora, stritolandoli in una morsa irriducibile. Un noir da divorare!