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Il peccato più sciocco del diavolo è la vanità.
Inquietante.
E' l'aggettivo con cui definirei questo romanzo del noto scrittore e sceneggiatore italiano Donato Carrisi, romanzo che potrei senza dubbio considerare come uno tra i migliori di questo autore.
Se 'Il suggeritore' sconvolge il lettore per l'atrocità dei crimini descritti e lo seduce sin dalle prime pagine con una trama solida ed articolata che fa dell'indagine investigativa il suo punto di forza, 'La ragazza nella nebbia' invece ha un effetto detonante ritardato.
Basti pensare che inizialmente manca persino l'evidenza di un delitto ma tutto nasce dal sospetto di un crimine: la scomparsa, a pochi giorni da Natale e senza chiari motivi, della minorenne Anna Lou Kastner ad Avechot, un piccolo borgo in una vallata alpina, un paese di montagna dove tutti conoscono tutti, una scuola, una confraternita, in un clima di apparente serenità.
Ma il sospetto che non si tratti di una bravata adolescenziale si concretizza progressivamente diffondendo a macchia d'olio l'ipotesi di un 'mostro' assassino.
Un mostro che peraltro si nasconde tra le persone rispettabili ed insospettabili di quella comunità montana, poichè Anna Lou difficilmente si sarebbe lasciata trarre in inganno da uno sconosciuto.
Il caso viene affidato all'ispettore Vogel: Vogel ha fiuto per questo tipo di indagini, interroga la famiglia e conoscenti, recupera indizi e ricostruisce un profilo della vittima e del suo sequestratore.
Ed un mostro viene individuato, Vogel non ha dubbi sul suo conto: il professor Loris Martini, insegnante al liceo frequentato da Anna Lou, sposato e con una figlia poco più grande di Anna Lou.
Le prove raccolte da Vogel contro il professor Martini sono molto labili, sono intuizioni più che dati di fatto e di certo non permetterebbero l'emissione di un mandato di arresto per Martini.
Ma Vogel non può perdere questa occasione, è l'unica possibilità che gli rimane per tornare alla ribalta, per recuperare agli occhi dell'opinione pubblica e dei suoi capi lo smacco subito durante l'ultimo caso in cui ha colpevolizzato un uomo successivamente ritenuto innocente e scarcerato.
A questo punto il lettore viene catapultato in una spirale da cui non è più possibile sottrarsi perchè è intensa la partecipazione emotiva: in alcuni momenti la sensazione di solidarietà verso il professor Martini è quasi istintiva e primeggia sul dubbio che egli sia il 'mostro', il terremoto che improvvisamente si abbatte nella sua vita sgretolando la già fragile coesione della sua famiglia induce in chi legge un sentimento di rabbia ed indignazione verso quel meccanismo mediatico che ha condannato un uomo come colpevole senza prove e senza possibilità di difesa.
"La giustizia non era più un affare riservato ai tribunali, bensì apparteneva a tutti, senza distinzioni. E in questo nuovo modo di guardare le cose, l'informazione era una risorsa - l'informazione era oro."
E così le pagine scorrono rapidissime perchè è forte l'attrazione verso il finale, verso l'epilogo di questa vicenda che appassiona e turba quasi quanto un reale caso di cronaca.
Già, perchè se leggerete questo romanzo non potrete fare a meno di notare palesi assonanze con i più recenti casi di cronaca nera italiana, Sarah Scazzi o Yara Gambirasio per esempio.
O ancora il delitto di Cogne. Non è finzione questa, è realtà.
E l'impulso che costringe il lettore a girare in fretta le pagine di questo romanzo, voracemente, è paragonabile alla curiosità quasi morbosa che attanaglia lo spettatore ai tg o ai vari "Chi l'ha visto?" televisivi: geniale Carrisi.
E lo ribadisce anche il professor Martini in una sua lezione:
"Vi ho detto che è il male il vero motore di ogni racconto: gli eroi e le vittime sono solo uno strumento, perchè ai lettori non interessa la vita quotidiana, hanno già la loro. Vogliono il conflitto, solo così riescono a distrarsi dalla loro mediocrità. Ricordate è il cattivo che rende la mediocrità più accetttabile, è lui che fa la storia".
Il male però non è solo, ha acquisito un grande alleato, forse più distruttivo e potente: i mass-media.
Nella società odierna, complice anche la diffusione irrefrenabile dei social network che hanno reso disponibile la gogna pubblica a portata di click, tutti possono assurgere al ruolo di giudice e la congenita, morbosa propensione del genere umano verso la spettacolarizzazione della morte e della violenza ha fatto sì che tutti i riflettori fossero puntati verso l'unico vero gladiatore del circo mediatico: il criminale.
Le prove, gli indizi, gli esami del dna, la vittima e persino l'eventuale movente.. tutto passa in secondo piano quando il criminale diventa una star, quando il resoconto delle sue azioni occupa pagine e pagine delle testate giornalistiche e diventano argomento di animati talk-show alla presenza di esperti di ogni tipo e genere.
Persino la sua identità non è necessaria a mettere in moto questo meccanismo, anzi il mistero che lo avvolge e le ipotesi su chi possa essere il mostro sono il suo combustibile.
E' un combustibile però che tende ad esaurirsi rapidamente e che necessita sempre di nuova linfa, nuove scintille.
Serve un nome, un volto, un uomo su cui convogliare la rabbia, l'odio, il ribrezzo della gente.
E serve subito, prima che i riflettori si spengano: perchè l'audience non ha pazienza, i tempi dello spettacolo sono molto più rapidi di quelli necessari per le indagini.
Il palcoscenico è stato allestito, ora tocca a Vogel condurre lo spettacolo. Sino alla fine, costi quel che costi.
"Nessuno vuole la verità".
"Perchè secondo lei?".
Il poliziotto ci pensò un momento.
".. perchè la verità ci coinvolge, ci rende complici."
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Proprio l'estate scorsa ho letto della stesso autore "L'ipotesi del male" che pure io ho definito... inquietante!
Mi è piaciuto moltissimo e mi sono subito detta che devo leggere anche altro di Carrisi!