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Pulvis et umbra
 
Pulvis et umbra 2017-09-05 11:26:35 Mian88
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    05 Settembre, 2017
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Polveri, ombre e misteri tra presente e passato

In questa nuova indagine a firma Antonio Manzini, l’eclettico Vicequestore Rocco Schiavone, è chiamato ad indagare su due casi simili eppure apparentemente inconciliabili ed incompatibili tra loro.
Aosta. Il corpo di una trans, probabilmente prostituta, viene rinvenuto in un fiume. La squadra del funzionario entra immediatamente in azione e ben presto, nonostante le varie vicissitudini e complicanze, viene a conoscenza non solo dell’identità della medesima ma anche del fatto che dietro a questa si cela un qualcosa di ben più grande dei singoli soggetti intervenuti nel caso, un qualcosa che sarà in grado di scavalcare Schiavone, la questura, Baldi, Costa e tutti gli altri protagonisti oggetto della vicenda…
Durante le indagini del primo caso, un altro ritrovamento. Questa volta siamo a Roma, luogo dove un uomo viene rinvenuto privo di vita, senza documenti, ma in possesso di due foglietti. Su uno di questi è riportato il numero di nientemeno che Schiavone. Perché? Chi è costui? Per quale ragione al momento della sua morte aveva quel recapito con sé? Che c’entri qualcosa Baiocchi? Ed ancora, perché si è persa ogni traccia di Sebastiano? Sicuramente sarà sulle tracce dell’assassino della sua Adele, ma che non si fidi più nemmeno del vecchio amico nelle forze dell’ordine?
Al contempo, non mancano aspetti introspettivi attinenti ai singoli personaggi della Questura di Aosta, in particolare, una circostanza molto personale toccherà Caterina, una circostanza che spiegherà molti lati del suo carattere ma che favorirà anche un avvicinamento con il burbero capo, il quale, a sua volta si ritroverà a dare una mano a Gabriele, sedicenne un po’ in difficoltà suo vicino di casa, a cui, oltre che a spiegare come fare a difendersi dai bulli di scuola, darà anche ripetizioni in materia musicale a suon di buoni e sempre cari Pink Floyd e David Bowie.
Ma non finisce qui. Il Vicequestore non si troverà a dover affrontare solo e soltanto due casi tra loro estremamente complessi, egli dovrà altresì fare i conti con quelle “polveri” del passato che non accennano a scomparire, a quelle polveri collegate a Marina e ai suoi dubbi legami con amici troppo al confine i cui rapporti saranno messi in discussione proprio con il discorrere degli eventi, e con quelle “ombre” che sembrano non volerlo abbandonare. Chi si cela dietro le sue spalle? Chi immancabilmente riesce a conoscere delle sue mosse ancora prima che, a momenti, esso stesso le maturi? E perché? Sarà in questo contesto che, il tradimento, lo colpirà nuovamente, inarrestabilmente.
Una trama solida e ben articolata è quella di “Pulvis et Umbra”, una trama che si snoda e dipana su più punti mostrando non solo una crescita del protagonista e delle vicende al medesimo appartenenti, ma anche una vera e propria maturazione dell’autore che, episodio dopo episodio, dimostra di aver acquisito sempre più padronanza della sua penna ma anche delle storie narrate che risultano essere, a posteriori, ben collegate tra loro e in costante crescendo.
In conclusione, un giallo intrigante, una serie di enigmi da risolvere, una buona prova. Forse, ad oggi, insieme a 7-7-2007, la migliore.

«Era questo che intendeva Marina quando parlava di sicurezza e protezione? Avere un angolo di mondo dove pensieri e paure restano fuori e rimane solo la dolcezza di un sonno tranquillo? [..] Abbiamo una sola vita, Marì, e ce la siamo giocata male. Mi correggo. Abbiamo una sola vita e me la sono giocata male. Perché è tutta colpa mia.» p. 76

«Hai visto, Lupa? E’ tornata a trovarci. Eppure la vita deve essere bella, lo sai? Se pure un vitello che ha fatto una vita schifosa chiuso in una gabbia piange quando lo portano al mattatoio, allora sì, allora deve essere proprio bella. E’ una lezione che dovrei ripetermi ogni giorno. Ma io oggi non riesco neanche a respirare. Tu non lo sai cucciola mia, ma un sacco di animali vanno in letargo quando arriva l’inverno. Si accucciano in una buca sotto terra, chiudono gli occhi e muoiono per un po’ di mesi. Quando tornano al sole sono nati un’altra volta e ricominciano a sorridere, a saltare, perché è vita nuova, piena di colori e di odori. Noi no. Noi a dormire non ci andiamo mai sul serio, e così invecchiamo e la pelle si raggrinzisce, come il sangue. Tutto si stacca, Lupa, si consuma e non torna più come prima. Mi guardi, con la lingua di fuori, e siamo soli io e te, un’altra volta, e sei tu che mi devi dare coraggio, amica mia, perché io non ce l’ho più. Stai qui, attaccata a me. Chiudi gli occhi. Dormi, Lupa. Sogna gli ossi e i prati dove correre. Vola pure. Io da qui ti guardo e aspetto di capire come si fa. Ti giuro, appena ci riesco ti seguo» p. 402-403

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