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Un serial killer "ordinato"
Dopo il successo di E’ così che si uccide, Longanesi pubblica La forma del buio, secondo volume che Mirko Zilahy incentra sul suo protagonista, il commissario Enrico Mancini di Roma, tanto riluttante ad affrontare il serial killer di turno, quanto poi abile nell’immedesimarsi con il mostro e riuscire a scovarne le tracce.
Il romanzo è la naturale continuazione del capitolo precedente, ci vengono quindi nuovamente narrate la vita e il lavoro del nostro commissario e della sua squadra. Un romanzo assai coinvolgente.
Mancini si trova nella sua casa di montagna, luogo dove si isola per togliersi il male di dosso al termine di un caso, e per potersi abbandonare al senso di vuoto che lo opprime dopo la morte della moglie Marisa, quando viene raggiunto da una telefonata che lo richiama in servizio per un nuovo caso. I corpi di tre persone vengono ritrovati alla Galleria Borghese, a Mancini basta uno sguardo alla scena del crimine e all’opera di scultura plastica creata dall’assassino per rendersi conto che si trova per le mani un nuovo serial killer e che spetta a lui, il “cacciatore di mostri”, stanarlo. Vi sono tre personaggi principali in questo romanzo: il commissario Mancini è un profiler che si è specializzato a Quantico sui crimini seriali, in lutto per la recente morte della moglie, un personaggio complesso ed intrigante, del quale ci vengono mostrate a poco a poco tutte le debolezze umane e le paure. Mancini ha un modo di operare e di procedere piuttosto singolare:
“Enrico aveva bisogno di calpestare la terra, annusare l’aria sulla scena del crimine, di toccarla. Era quello il suo primo contatto con l’assassino. Un tramite indiretto che gli serviva per sintonizzarsi, per ascoltare la voce del delitto, percepire i passi del killer, finchè la presenza fantomatica si manifestava nella sua mente”.
Questa empatia profonda che il profiler sperimenta sulla scena del crimine lo mette in contatto diretto con il mostro, quasi come se potesse vedere la realtà con i suoi occhi. Mancini appare convincente sia come investigatore che come persona, attorno a lui si stringe tutta la squadra fatta da uomini e donne con una vita personale, che viene narrata con dovizia di particolari, oltre che professionale. Con una lenta introduzione della scena del crimine e parallelamente, di Mancini stesso, siamo condotti al cospetto dell’opera del killer, ribattezzato subito dalla stampa come “Lo Scultore”, infatti il nome appare subito appropriato visto la messa in posa dei cadaveri, le espressioni quasi vive e il tocco artistico, seppur macabro, del suo lavoro. Lui uccide ispirandosi alla mitologia classica, come il Laocoonte, la Medusa, il Minotauro, il Ciclope…. Il punto di vista del serial killer viene narrato sotto differenti punti di vista, con un ritorno al passato, attraverso flashback che pian piano introducono il suo mondo e ci raccontano la nascita di un mostro e del suo folle piano
“di mettere ordine al caos”.
L’autore conduce sapientemente il lettore all’interno della sua mente delirante e delle sue allucinazioni, dove la realtà si mescola con il mondo mitologico nel quale è intrappolata. Lo Scultore, come un animale, si muove sottoterra silenzioso e letale, anche nell’efferatezza delle sue gesta e nella totale follia, da cui, senza ombra di dubbio è pervaso, è possibile trovare un non so che di poetico, umano e meritevole di compassione.
Il terzo personaggio indiscusso è Roma, la città eterna con le sue bellezze artistiche e naturali che fanno da location per i macabri ritrovamenti (Galleria Borghese, il giardino zoologico, Villa Torlonia) e un lato oscuro e spaventoso dove è difficile sentirsi al sicuro. Lo stile dell’autore è molto particolare, usa un linguaggio elegante e ricercato per descrivere minuziosamente ogni scena, dalla più macabra e sanguinolenta alla più domestica, rendendo pienamente comprensibili sia l’umanità e “normalità” di alcuni personaggi, sia la follia e il buio che contraddistingue il serial killer. I piani narrativi si incrociano tra passato e presente, i continui riferimenti alla mitologia classica e il linguaggio evocativo rendono la lettura impegnativa. Ma un ottimo esercizio di stile e di narrazione.