Dettagli Recensione
Luigi Alfredo Ricciardi
«-”Qual è la barriera, Lina?”
-“Quella che alziamo tutti, ogni giorno, per non farci riconoscere dagli altri”
-“E la tua barriera, qual è?”
-“La faccia, dotto’. La mia barriera è la faccia”»
Il Capodanno è ormai alle porte quando l’omicidio ha luogo senza lasciare dubbio alcuno né in merito al suo esecutore, né in merito alle modalità di esecuzione: Fedora Marra, attrice di grande successo, è stata uccisa dall’anziano marito Michelangelo Gelmi a seguito di un colpo di pistola esploso durante la rappresentazione teatrale della Rivista che li vedeva protagonisti. Un colpo di pistola vero, tra tutti quelli a salve, ha fatto sì che in questo 28 dicembre si tramutasse in un giorno di morte e dolore. Ricciardi e Maione accorrono sul luogo e sin da subito, il misterioso ed eclettico funzionario dagli occhi verdi, si dimostra perplesso e non convinto circa quella che sembrerebbe essere la dinamica del delitto. Tante, le questioni, che lo rendono dubbioso, esitante, molteplici le indagini da compiere.
Ma Ricciardi non è in tumulto solo e soltanto per il mistero da risolvere, lo scombussolamento è altresì incrementato dall’aspetto sentimentale che non manca, in quest’ultimo capitolo, di svilupparsi ed affermarsi. Protagonista femminile di questa evoluzione è niente meno che Enrica. Riuscirà Luigi Alfredo a lasciarsi andare ai sentimenti e a convivere con la felicità anche se questa è un qualcosa per lui di così nuovo da risultare ingestibile?
Al contempo il brigadiere Maione è investito di un’altra parallela inchiesta: Modo, il dottore ironico e antifascista che accompagna il due sin dalle prime avventure, ha bisogno di sapere, di conoscere la verità circa le ferite di cui è stata vittima Lina, una vecchia amica pestata a sangue (e quasi a morte) da non si sa chi.
Ha il suono ed il ritmo di una ballata quest’ultimo episodio delle avventure di uno dei commissari più amati del panorama italiano. Una ballata che sin dal principio si distingue dai precedenti capitoli per storia quanto per emotività, quanto per contenuti. Se da un lato la trama risulta infatti essere intuitiva, essendo lo scenario rappresentato un qualcosa che inevitabilmente suscita nella memoria del lettore una innegabile sensazione di deja-vu, dall’altro, non mancano quegli elementi “salati” ed “appetitosi” che ne invogliano e stimolano lo scorrimento.
Chi legge trova inoltre soddisfazione dal punto di vista dell’amore, riuscendo, De Giovanni a ben dosare ogni avvenimento ed ogni sviluppo relativo. Il tutto è accompagnato dalla sensazione di sentirsi a casa, sensazione che è determinata da quella scrittura fluente, calda e ponderata che è propria dello scrittore.
Eppure, eppure, è come se mancasse qualcosa. E’ come se l’elaborato arrivasse ma soltanto a metà. Nonostante le premesse, infatti, il conoscitore si sente a tratti spaesato, insoddisfatto da quelle che sono le vicissitudini, forse perché, implicitamente si aspettava un “sipario” diverso per il funzionario maledetto. Una storia, differente, non tanto dal punto di vista della sfera affettiva, quanto da quello del caso da risolvere. Vengono meno inoltre alcuni personaggi che costituivano una costante nonché una colonna portante dell’opera, mentre altri vengono inseriti quasi forzatamente. Apprezzabile, al contrario, il taglio dato al brigadiere Maione a cui viene resa giustizia per i suoi immancabili doveri svolti.
In conclusione, un buon testo seppur con qualche leggera sbavatura. Non il mio preferito ma certamente un degno epilogo. E chissà che in futuro le danze non vengano nuovamente aperte…
«Ogni rondine ha il suo viaggio, guaglio’. Io dovevo intraprendere il mio. Ho fatto ritorno per morire dov’ero nato. Nell’unico posto dove sono stato felice. [..] Prima non valevi niente come non vale niente chi suona e canta, e non sa che deve raccontare. Adesso hai imparato. E hai capito che devi partire, perché sei una rondine, una rondine ha bisogno di un viaggio per essere felice.»
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Sarà la mia prossima lettura.