Dettagli Recensione
Top 50 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
L'anima di vetro di Ricciardi
Il commissario Ricciardi, il poliziotto che vede i morti, sta attraversando il peggior momento della sua vita: la morte della tata Rosa l’ha sconvolto e reso consapevole della sua solitudine e dell’isolamento in cui egli stesso si è rinchiuso. Poiché nessun caso importante lo sta impegnando, la sua mente vaga inquieta ed è più scontroso che mai. Ha anche scoperto che Enrica pare aver trovato uno spasimante tedesco e, quindi, anche il suo disperato (ma consolatorio) amore a distanza per lei parrebbe destinato al fallimento.
Per questa ragione accetta di seguire, pur senza molta convinzione, una questione affidata ad alcuni colleghi e, apparentemente, già definita con l’arresto del presunto assassino. A pregarlo di riaprire le indagini sull'uccisione dell'avv. Piro, spregiudicato strozzino, è la bellissima Bianca, moglie del conte di Roccaspina che si è spontaneamente dichiarato colpevole dell’omicidio. Bianca non crede a questa versione e, pur non amando più il marito che ha scialacquato al gioco il patrimonio di entrambi, vuole scoprire la verità.
Questa indagine non autorizzata potrebbe causare gravissimi problemi a Ricciardi ed i guai potrebbero moltiplicarsi anche a causa di Livia. Dopo l’ennesimo sfrontato tentativo della donna di conquistare il suo cuore, il Commissario, con la giustificazione di volerla proteggerla da se stesso, l’ha allontanata rudemente e definitivamente. La bellissima soprano, ferita nell'orgoglio, medita vendetta ed ha incaricato Falco, l’agente dell’OVRA, di incastrare Ricciardi.
Leggere De Giovanni è sempre un piacere sublime. L’Autore napoletano, prendendo a mera scusa le trame poliziesche che intesse, fa alta letteratura sviscerando con acutezza e profondità i complessi sentimenti umani mentre, contemporaneamente, dipinge splendidi acquarelli di quella Napoli anni ’30 che ormai non esiste più nemmeno nei ricordi dei suoi odierni abitanti.
Proprio per l’alto livello delle opere di De Giovanni, viene spontaneo soffermarsi sui possibili difetti del romanzo piuttosto che continuare a decantarne gli indubbi meriti.
Partendo, quindi, con l’intenzione di “fare le pulci” al libro, va osservato come “Anime di Vetro” ricalchi con fedeltà, con troppa fedeltà, lo schema dei precedenti romanzi del ciclo, intercalando all'azione ed alle indagini, brevi capitoli di interludio, ove, con toni poetici, si individuano sensazioni, si tratteggiano stati d’animo e si delineano, in modo soffuso, antefatti o semplici emozioni passate. Proprio questa eccessiva fedeltà agli schemi già utilizzati rischia di offuscare la purezza dell’impianto narrativo facendone trasparire i complessi meccanismi che lo muovono e togliendo spontaneità alla narrazione.
La trama è accattivante, ma non originalissima e l’esito finale non è dei più imprevedibili (personalmente confesso di aver intuito la soluzione e tutte le relative implicazioni già a metà lettura). Poi, le vicende private dei protagonisti, che fanno da fil rouge all'azione poliziesca, stanno pericolosamente infilandosi in un tunnel che richiama troppo la sceneggiatura di una soap opera.
Sono da segnalare i sempre piacevolissimi siparietti costituiti dai battibecchi tra il brigadiere Maione e Bambinella (uniche parentesi comiche della storia), le acute e ciniche considerazioni del dott. Modo, le sagge “prediche” di don Tonino e gli affascinanti quadretti della Napoli dell’epoca. Forse, però, il lettore, ormai smaliziato ed esigente, si aspetterebbe ancora qualcosina in più da De Giovanni.
Proprio per questo motivo, più che nella lettura del romanzo complessivamente inteso (comunque ottimo), ho provato un piacere particolare nel soffermarmi su alcune singole squisite frasi. Dove un autore frettoloso avrebbe liquidato una certa descrizione, l’esposizione di alcuni fatti o di una una sensazione, con un paio di semplici sostantivi aggettivati, De Giovanni riesce ad esprimere il medesimo concetto con un linguaggio di una così raffinata eleganza e ricercatezza che non è possibile far correre l’occhio al periodo successivo. Quando la prosa si tramuta in poesia, pur senza rime e metrica, si deve tornare a leggere e rileggere il passaggio per assaporarne integralmente il gusto sopraffino.
Sono proprio queste gemme di cui è infarcito il libro che elevano la prosa di De Giovanni ad un livello di eccellenza superiore facendo dimenticare qualche eventuale difetto dell’opera.