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Carne da cannone
Cinica, irriverente e insieme amarissima, questa commedia noir scritta da Antonio Manzini dieci anni fa e riproposta oggi da Sellerio. Una rappresentazione impietosa e satirica della società che, possiamo tristemente dire, non sente affatto il peso degli anni, a dimostrazione di quanto poco siano cambiate le cose nel frattempo.
René, Cencio, Franco e Cinese sono piccoli malviventi senza speranza della degradata periferia romana, che si arrabattano tra truffe e rapine. Diego invece è un impiegato deluso, che tira avanti con il suo lavoro noioso all’INPS e le sue lamentele, guardando con invidia la casa di proprietà e la pensione sicura della vecchia nonna. La vita ha davvero poco da offrire alla gioventù. Per tutti lo stesso sogno, il colpaccio, quello capace di trasformare il proprio grigiore quotidiano in una sfavillante e nullafacente ricchezza. Magari su qualche isola tropicale, come nelle migliori fantasie.
Ma cosa si è disposti a fare e chi si è disposti a calpestare per poter ricominciare una nuova vita? Quello che si presenta al lettore è un mondo marcio, svuotato di valori e moralità, dove non c’è spazio per la compassione o i sentimenti. I vecchi sono capricciosi rompiscatole da mantenere. Gli onesti, stupidi da fregare. E tutti corrono, cercando di fare la pelle agli altri in una lotta a chi si crede più furbo. Corrono, combattendo una guerra di miseria, senza rendersi conto di essere mera carne da cannone nelle mani di un potere senza volto e senza nome. Criceti in una giostra.
“Siamo carne da cannone. Gente che muore senza un senso, senza un'utilità. Che ha vissuto senza sapere, e senza sapere se ne va”.
La giostra gira, dando il via a una ridda di avventure, tutte giocate tra tragedia e comicità. Raffazzonate rapine dagli esiti fallimentari, una folle e immorale operazione ideata dalle alte sfere per risolvere il problema del costo delle pensioni, i feroci e a tratti ridicoli retroscena della criminalità organizzata. L’occhio spietato e ironico di Manzini non risparmia proprio nessuno.
Nonostante la scrittura asciutta, ritmata e umoristica garantisca una certa piacevolezza, devo ammettere che a volte il lettore finisce per perdersi un po’ nel labirinto di personaggi e sotto-trame che affollano questo romanzo. Nel complesso, comunque, un buon prodotto, originale e intelligente, che mostra un paese arido e pieno di risentimento, in cui non soffia alcun vento di speranza. E fa riflettere.
“Si sforzava, cercava un giorno, un minuto da ricordare, che rendesse quella sua vita un po' più degna. Niente, non gliene veniva in mente uno. Era vissuto come un granello di sabbia. Niente da ricordare. Niente da dire in sua memoria. Nel momento in cui avesse chiuso gli occhi, nessuno se lo sarebbe più ricordato”.