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Delitto imperfetto in una indagine perfetta
Carlo Lucarelli, dopo Carta bianca del 1990, L’estate torbida del 1991 e Via delle Oche del 1996, torna in libreria con Intrigo italiano, il cui protagonista è uno dei poliziotti più amati dai lettori: il commissario De Luca. Chi è costui? Da un funzionario dei Servizi viene definito così: “Vedi, De Luca, per fare lo sbirro ci vuole un cuore di cane, ma di razza diversa. Ci sono i questurini comuni che hanno un cuore di cane che hanno un cuore di cane da guardia e ci sono quelli della Mobile che ne hanno uno di cane da caccia. Tu sei un cane da tartufo, ragazzo mio. Ecco, per quelli come noi, invece, ci vuole un cuore di cane bastardo.” Come giustificare simili parole? Siamo a Bologna, nel periodo tra la fine del ’53 e l’inizio del ’54, ed è stata trovata uccisa la signora Fresca, moglie di un professore universitario, anche lui deceduto qualche mese prima, in uno “strano ed ambiguo”incidente. Il comm. De Luca è chiamato a dipanare la fitta nebbia che avvolge le indagini, pur essendo sotto copertura, perché è stato ligio al dovere ed attivo in periodo fascista, ed ora è in prestito ai Servizi. Ma qualcosa non torna. Troppo. Apparentemente sembra un giallo dal taglio classico, con indizi, tracce, impronte, orari. Così l’indagine poliziesca diviene strumento indispensabile per comprendere e per svelare gli enigmi del passato, remoto o recente che sia. Ecco allora “l’imperfezione gestibile. Se gestiti bene tutti quei dettagli che non tornano trasformano un delitto imperfetto in una indagine perfetta.”
Essendo De Luca un “poliziotto”, un poliziotto deve cercare “la verità” ad ogni costo, scontrandosi certamente con gli orientamenti politici che detengono il potere in quel momento. Che per Lucarelli sono i fascisti in Carta bianca, i comunisti in Estate torbida, i democristiani in Intrigo italiano e Via delle Oche. Nessuno è pulito: il potere è in ogni caso corrotto, qualunque sia il colore dietro cui si nasconde. Logica conseguenza: i depistaggi, le inevitabili morti, necessarie, come afferma sempre lo stesso funzionario, “al bene supremo dello Stato.” E pazienza se ci va di mezzo, addirittura, un innocente come il nipotino del professore universitario. E’ una denuncia palese dei complotti politici e delle lotte di potere, mascherata con l’ausilio delle indagini.
La trama poliziesca dona vita e Sangue alla Storia, mentre quest’ultima offre lo sfondo perfetto per il palcoscenico su cui recitano gli attori del dramma. Non dimentichiamo che siamo nel periodo della Guerra Fredda, in cui “cane mangia cane”, in cui la vita spesso dipende da quanto si può servire, “perché si è scelti perché si è utili.” E la sopravvivenza umana dipende da ciò.
Una scrittura pacata, a tratti malinconica.
Un bellissimo libro, fine indagatore dei misteri irrisolti della Storia italiana