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Discesa nello squallore
Certo che ci sono vittime che sembrano aver meritato la loro fine, come nel caso del ragionier Cosimo Barletta, uno squallido personaggio, usuraio, profittatore e gran donnaiolo, ma con attenzioni rivolte solo verso giovani ragazze. E vien da pensare che in fondo, con i non pochi nemici che aveva, non è forse un caso se è stato ammazzato due volte, la prima con il veleno e la seconda con un colpo di pistola. Del resto la vittima era di una bassezza quasi unica, usa al ricatto nei confronti di diverse giovani, anzi il ricatto costituiva quasi una prassi, avvalendosi di numerose fotografie scattate in momenti compromettenti, la cui divulgazione avrebbe senz’altro disonorato la ragazza di turno. Più Montalbano, Augello e Fazio vanno avanti nelle indagini, più si rendono conto di scendere poco a poco in un covo di vipere, a cui non è estraneo neppure l’ambiente familiare, con un figlio che ha più di un motivo per odiare il padre Cosimo e desiderarne la morte, e con una figlia che, all’apparenza sembra la migliore, la più presentabile, ma che nasconde inconfessabili tendenze. In questa vicenda di sesso, di amore e di odio Camilleri pare trovarsi a suo agio, senza mai correre il rischio di scivolare nel pornografico o, forse peggio, nella farsa ridanciana. In fondo il ragionier Barletta è sì squallido, ma anche il mondo di cui si circonda non è da meno, e non è facile per un pur bravo investigatore come Montalbano giungere alla conclusione, ma ci riuscirà, trovando il reo che tuttavia non apparirà mai in un’aula di tribunale.
Un covo di vipere è un bel poliziesco, forse uno dei migliori della serie con Montalbano, anche grazie alla capacità di Camilleri di sondare l’animo umano, di mettere a nudo quanto di peggio vi si cela, e il tutto con la consueta prosa scorrevole che non potrà che risultare gradita al lettore.