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L'estate fredda
 
L'estate fredda 2017-02-17 13:07:37 Lonely
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Lonely Opinione inserita da Lonely    17 Febbraio, 2017
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Una flebile speranza

Anno 1992, anno delle stragi di Capaci e via D'Amelio.
Il romanzo di Carofiglio affonda le sue radici nella realtà, in una storia di mafia,
di pentiti e corrotti, di Stato e legalità, di magistrati e d'investigatori.
A Bari nel 1992 viene rapito il figlio di un boss della mafia locale;
rapito e ritrovato poco dopo, senza vita in un pozzo.
Il maresciallo Fenoglio e il collega Pellecchia indagano sul caso.
Lopez, un malavitoso del clan opposto, si consegna alla polizia,
e come pentito, racconta fatti e misfatti della criminalità locale.
Tutta la prima parte del libro si svolge nel commissariato per la verbalizzazione dell'interrogatorio del pentito, con la speranza degli inquirenti che tra i misfatti confessati ci sia anche il rapimento del bambino, ma purtroppo non è così.
Lopez confessa gli atti più scellerati ma non ammette questo rapimento.
E così le indagini sono a un binario morto.
Esattamente a metà del libro, accade un evento, reale, che dà anche la svolta al romanzo:
la strage di Capaci, 23 maggio 1992, e l'uccisione di Falcone, della moglie e della sua scorta.
A questo punto il libro, cambia ritmo, diventa più incalzante, e si legge tutto d'un fiato.
Al di là della trama e dell'indagine, notevoli sono gli spunti di riflessione, messi in bocca a Fenoglio, un maresciallo piemontese, in crisi coniugale, con un intuito investigativo di tutto rispetto.
«...anche la questione dell'obbligo di verità e del suo rispetto non è affatto scontata come può sembrare a prima vista. Cammina con una persona integerrima per un chilometro e ti racconterà almeno sette bugie. Chi l'aveva detto? Fenoglio non se lo ricordava, ma quella frase conteneva una fondamentale verità. Tutta la nostra vita quotidiana, tutti i nostri discorsi sono intessuti di bugie di cui raramente siamo consapevoli."

Un uomo, Fenoglio, dotato di una straordinaria sensibilità e di una commovente dignità, che adatta le sue ferree regole, di carabiniere del Nord, in un ambito, un paesino meridionale, colpito da una terribile realtà, dove la crudeltà dell’organizzazione criminale è quasi inimmaginabile.
Il confine, nel quale si muove come al solito Carofiglio, tra legalità e criminalità è molto labile, basta niente e si è dall'altra parte, un limite ambiguo dove è difficile distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.
Ne consegue una stringente filosofia per cui a volte, o spesso, le cose nella vita, semplicemente, ti capitano e non te le vai proprio a cercare, un po' come se tutto fosse regolato dal destino.
«Si limitò ad aggiungere che spesso nella vita non fai quello che avresti desiderato, E che comunque ciò che desideri non è per forza quello che saresti adatto a fare.»
La fine del romanzo è segnata dall'altra tremenda strage di mafia, quella di Via D'Amelio e dell'uccisione di Paolo Borsellino.
La riflessione è d'obbligo, allora è finita!
Ciò nonostante, l'autore ci lascia con un'inattesa flebile speranza, che se non altro è un distinguo, un valore aggiunto, la nostra dignità
«In effetti c'è una regola [...] più importante di tutte: bisogna fare sempre del nostro meglio.
[...] se uno è sempre cauto, può restare un essere umano?»


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