Dettagli Recensione
Piacere di conoscerti, De Luca.
Aprile 1945, il commissario De Luca, ex comandante, è tornato alla questura, è tornato ad indagare dei crimini comuni prendendo le distanze dalla polizia politica a cui, per ragioni di servizio, è dovuto sottostare negli anni di dittatura. Ed è così che si trova ad investigare sulla morte di Vittorio Rehinard, personaggio noto per i suoi festini del venerdì, appartenente al partito nonché fortemente legato alla famiglia Tedesco. Detta morte, avvenuta probabilmente mediante l’ausilio di un tagliacarte, prima conficcato nel cuore e di poi utilizzato per evirare il defunto, è oggetto delle attenzioni dei piani alti talché ben presto il commissario ex comandante si trova a dover far i conti proprio con quel passato da cui vuole prendere le distanze. Giochi e manovre politiche si celano infatti dietro al Rehinard, la cui morte finisce con l’essere utilizzata quale espediente necessario per “incastrare” la persona scomoda di turno.
Ma a De Luca non basta trovare un capro espiatorio a cui attribuire il fatto di reato; egli è un uomo curioso, che quel colpevole lo vuole trovare davvero. Ci riuscirà? O le forze che gli orbitano intorno saranno così pregnanti da impedirgli di portare a termine la sua missione, da impedirgli di compiere quello che è il suo mestiere di poliziotto, mestiere che tutti sembrano voler negare, obliare per dare adito esclusivamente alla sua contribuzione al Fascismo?
Con “Carta bianca” ha inizio la saga che ha quale protagonista il commissario De Luca, uomo provato ma di grande acume dedito alla giustizia. Oltre che ad un romanzo accattivante dal punto di vista dell’intrigo, l’elaborato si dimostra appetibile anche grazie allo stile inconfondibile di Lucarelli che con poche battute riesce, senza difficoltà, a creare trame di suspense e colpi di scena.
Non solo, ulteriore carattere pregnante dello scritto è l’ambientazione. L’autore ricrea ad opera d’arte quella realtà dittatoriale ormai agli sgoccioli eppure fortemente viva nelle pagine del testo. Una buona prova.
«[..] In mezzo a tutta questa confusione pochi sanno veramente chi sono e cosa fanno ed è per questo che ti tieni così attaccato al tuo ruolo, tu che ce l’hai, da dirlo ogni volta che puoi, sono un poliziotto, sono un poliziotto. Così non devi pensare al fronte che si avvicina o ai punti delle tessere per il razionamento. E’ una cosa che faccio anch’io» p. 48