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Non c'è redenzione nella Roma degli Anni di Piombo
Un clan nato da poco, comandato da tre sbarbatelli senza alcun scrupolo e con manie di ambizione e grandezza alla massima potenza, perchè 'Il fatto è che o le cose si fanno a dovere, o è meglio non farle. Sono le mezze misure che rovinano il mondo.'. Dall'altra parte, un poliziotto integerrimo al quale facoltosi intermediatori strizzano l'occhio dell'illecito e dei piaceri della vita. In medias res, il vociare ordinato di ex cravattari riciclati, terroristi di partito, studiosi da salotti chic, giudici a cui fanno schifo gli infami, mafiosi di vecchia generazione e un'inarrivabile escort con il suo bordello più 'in' della città eterna. Non può che venirne fuori un romanzo epico, un capolavoro d'altri tempi.
Siamo di fronte a una descrizione chirurgica degli intrecci fra politica, malavita, alta finanza e servizi segreti deviati: senza dubbio, gli accaniti e indiscussi protagonisti dell'ultimo trentennio di storia italica. Parallelamente alle dinamiche del delitto Moro citato nel testo, possiamo anche contestualizzare l'intera narrazione, sempre sospesa lungo un filo di depistaggi, frasi non dette e verità impossibili che vogliono rendere facile la vittoria dell'omertà sul lecito e sui buoni propositi. E l'unica via di fuga da un destino già scritto e sentenziato passa attraverso una pallottola, o forse, più giustamente, l'opposto. E togliete anche il 'forse'.
Un linguaggio chiaro, vero, privo di estetismi e un registro essenzialmente rustico e dialettale sono le scelte autorali per tratteggiare quella rete di logiche subdole e criminali che domina una Capitale tanto ricca e risplendente di antico fulgore quanto segnata da indelebili cicatrici di marciume e corruzione nelle quali ogni sciovinismo e ogni limite vengono inesorabilmente calpestati. Peccato che l'illusione che si tratti soltanto di un romanzo di fantasia rimanga, appunto, un'illusione.
Il viaggio da percorrere incontra e (si) scontra con la vita di questi antieroi, i cui fatti, misfatti, pensieri e movimenti sono talmente fluidi, naturali e 'normali' che quasi sembrano viaggiare di pari passo con la legge. Antieroi, come detto, le cui fila sono tirate principalmente da tre uomini, tanto agli antipodi per carattere e modus operandi quanto diabolicamente complementari, mentre altre teste di legno combattono invano fra loro per difendere questioni d'onore, per ergersi ad aghi di una bilancia troppo grande per loro e, infine, per essere portatori sani dei propri interessi al di sopra di tutto e tutti. Perchè, in fondo, ma proprio in fondo, nessuno parla dell'Idea, ma tutti la bramano ardentemente.
Due appunti conclusivi prima di lasciarvi alla lettura: considerate che "La partita non la vincono gli eroi giovani e belli. La partita la vince chi resta sul campo quando gli altri ne hanno avuto abbastanza.", e che una volta che entrerete nel romanzo, non riuscirete a liberarvi prima dell'ultima pagina e dell'ultimo spargimento di sangue. Dunque il gioco vale la candela?
Per me sì.