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Brutto era brutto, corto era corto.
Bella era bella, morta era morta – Rosa Mogliasso, 2015
Lettura condivisa del mese di novembre e discreta delusione per me.
Avevo in mente di assaggiare questa autrice – quasi mia compaesana, attualmente – ed avevo già in canna alcuni titoli, invece sono partita con questo giallo (?).
Che dire?
Breve è breve e per scorrere scorre. Però è passata una settimana e l’unica cosa positiva che posso dire è che l’irritazione si sia un po’ attenuata.
Ho trovato la storia singolarmente non appassionante, i personaggi stereotipati oltre ogni decenza, la scrittura poco curata, insomma, da dimenticare.
Dunque.
Apriamo con il cadavere di una donna (bella donna, da cui il titolo), abbandonato in un sentiero poco frequentato, accanto al fiume, in un’anonima città del nord Italia. Una serie di personaggi (i nostri protagonisti) lo vedono e per motivi vari non chiamano le autorità come dovrebbero.
Una commessa insopportabile, una coppia di ragazzi (intollerabili, sia lui, piccolo spacciatore, sia lei madonnina infilzata con velleità “ribelli”), il matto del paese, il new ager (pessimo neologismo mio). Dal momento in cui decidono di non segnalare il cadavere, seguiamo, per alcune ore, le loro vite.
Viene in mente “La Congiura degli Innocenti” di Hitchcock? No, manco parente.
La commessa tenta il “salto sociale” con il fidanzato altolocato (e inciampa), la coppietta scoppia, ma per lei che è quella “sana” si apre una rinascita, il matto resta matto e il new ager riesce a liberarsi di una situazione vischiosa e non franiamo nella sconcertante banalità facendolo fidanzare con la ragazza semplicemente perché è gay, bontà sua.
Tutti questi fieri bellimbusti (e bellimbuste), quando non trovano traccia del cadavere che hanno visto, sui giornali del giorno dopo, decidono di tornare sul posto e poi - tardivamente – chiamare le autorità, ma…
Colpo di scena!
Il cadavere non c’è più.
Qualche tempo fa ho letto un libro molto carino che esplora (assai meglio) una tematica non diversa da questa.
Si tratta di “Black Out” di Gianluca Morozzi.
Quello me lo ricordo bene, questo mi sa che avrà un destino diverso.
E meno male.