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Il giallo italiano tra realtà e fantasia
“Il senso del dolore” è un piacevolissimo romanzo di Maurizio De Giovanni, ambientato a Napoli, negli anni trenta, all’epoca del fascismo. Il protagonista, il commissario Ricciardi, è un personaggio dotato di intuito, buonsenso e grande umanità. Insieme con Maione, fedelissimo collaboratore, affronta e risolve casi difficili e delicati. Lo schema del capo e del suo assistente non è certo nuovo nella storia della letteratura, basti pensare a Sherlock Holmes e Watson, a Nero Wolfe e Archie Goodwin, per citare i più famosi: si tratta di un espediente che anima e amplia lo scambio dialettico tra i personaggi, al fine di delinearne meglio il carattere e le peculiarità.
Ciò che più interessa in questo romanzo, al di là della trama che si dipana attorno a un omicidio avvenuto nello splendido teatro San Carlo, è la descrizione dei luoghi, delle strade di una Napoli degli anni trenta, da cui emerge povertà e benessere in una sorta di dolorosa convivenza, priva tuttavia di quell’odio feroce al quale la cronaca contemporanea ci ha abituato. È una Napoli che tenta di celare umiliazione, sopraffazione e inganno ora per paura, ora per rassegnazione. È in questa prospettiva che si comprendono personaggi come Vezzi, egoista, egocentrico e sprezzante dei sentimenti altrui, e, all’opposto, Michele, giovane innamorato e generoso oltre ogni limite e Maddalena, vittima del suo status sociale e dunque facile preda del disonesto.
Ricciardi, dunque, si trova ad agire in questo ambiente e lungi dall’applicare la legge in maniera vessatoria, viene incontro e si immedesima nei problemi e nei drammi personali degli indagati. Non esita, a questo fine, a venire in contrasto con i superiori, incurante di eventuali vantaggi che potrebbero derivargli dal farsi acritico servo del potere. In questo non dissimile dal popolarissimo Montalbano di Camilleri.
Ed è in questa dimensione umana, io credo, che risiede il vero successo di questo genere, il giallo italiano.Al lettore spesso piace scoprire nei protagonisti un po' di se stesso, ritrovarsi nelle loro debolezze e nei loro limiti e pensare di poterli superare con altrettanto impegno e volontà. Al lettore, in breve, piace spesso ritrovare nel protagonista quell’antieroe che alberga in sé.
Un discorso a parte richiederebbe la valutazione di quanto proficuo sia per un autore, dal punto di vista del mercato, incontrare l’interesse del pubblico, l’unico che sia in grado realmente di decretare il successo di un’opera. Certamente con Fruttero e Lucentini, con Faletti e Lucarelli, come con De Giovanni e Camilleri, la letteratura italiana si è arricchita di un genere che non è solo intrattenimento o evasione, è anche ritratto di un’epoca, fonte di ispirazione per cinema e televisione.
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