Dettagli Recensione
prendere o lasciare
Non avendo mai letto i romanzi di Montalbano in ordine cronologico, non mi tocca che questo ventunesimo capitolo sia uscito dopo ‘Una lama di luce’ malgrado sia stato scritto alcuni anni prima (Camilleri fa invecchiare il personaggio seguendo il calendario reale): colpisce piuttosto la struttura assai simile dei due libri, con il sogno iniziale, la forzatura delle regole per arrivare alla soluzione e, soprattutto, lo svolgersi di una coppia di investigazioni che procedono in parallelo proponendo come unico, blandissimo collegamento il coinvolgimento in entrambe di un uomo politico. Il doppio binario non depone molto a favore della fantasia dell’autore siciliano, che sembra qui unire storie che non avrebbero (forse) la forza per camminare da sole: un misterioso furto in un supermercato controllato dalla mafia per il quale i sospetti si dirigono subito sul direttore dello stesso e la brutale uccisione di una fascinosa studentessa compagna dello scapestrato figlio di un parlamentare. Sull’altro piatto della bilancia, si possono invece mettere il procedere senza troppi fronzoli dell’indagine, corredate di interrogatori dalle cadenze serrate incastrate con maestria, grazie anche alla mancanza di numerosi elementi di disturbo presenti in altri episodi: le zuffe telefoniche con Livia sono al minimo sindacale, gli acciacchi dell’età stanno alla base di spunti ironici e non lamentosi, ma, in particolar modo, brilla l’assenza del consueto figone che il commissario conquista in capitoli che annullano la tensione del racconto. Insomma, se il soggetto lascia adito a qualche dubbio, la sceneggiatura è robusta, con l’investigazione alleggerita da ben inseriti momenti comici affidati non solo a Catarella (di uno è protagonista pure il signori i guistori) per la consueta lettura rilassante, ma mai banale. Poi, ovviamente e al netto di un certo spazio guadagnato da Fazio oppure una presenza di Cosa Nostra più evidente rispetto alla media della serie, si tratta del Montalbano conosciuto, il che implica una lingua impastata di dialetto, le mangiate da Enzo, la verandina e la consueta compagnia stabile in cui ognuno è ormai inchiodato al proprio ruolo: sono i piaceri (o dispiaceri, per chi non gradisce) di una serialità che funziona.