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Sbirro e Uomo
E’ un romanzo pieno di umanità quest’ultimo lavoro di Andrea Camilleri, quell’umanità che da sempre costituisce la forza e la bellezza del mondo in cui si muove il commissario Montalbano.
Innanzitutto l’umanità dei migranti che approdano sulle spiagge della Sicilia con il loro bagaglio di sofferenze e di paure. Ancora una volta Camilleri dimostra il suo impegno sociale dedicando alcune pagine a un tema di grande attualità. Negli occhi di una ragazzina violentata, di un bambino annegato, di un famoso flautista costretto ad abbandonare la propria arte fa vivere per noi la disperazione di chi è obbligato a rischiare la vita, lasciare il proprio mondo e attraversare il mare verso l’ignoto perché il proprio paese lo ha privato di ogni speranza. E con gli occhi assonnati di Fazio e con quelli velati dalle lacrime del sensibile Catarella ci racconta le difficoltà di chi è lasciato solo e senza strumenti a ricevere ogni notte una nuova ondata di miseria. Con poche vivide immagini e straordinaria empatia riesce a fare forse più di tante pagine di cronaca, facendo riflettere il grande pubblico su un tema così difficile e delicato.
Poi l’umanità della bella e gioiosa sarta Elena, chiamata a tagliare un abito per il nostro commissario e ritrovata poi ferocemente assassinata a colpi di forbice nel suo stesso laboratorio. Elena è una di quelle figure femminili dal fascino misterioso che Camilleri è tanto abile a tratteggiare, sebbene debba ammettere che la trama investigativa tradizionale sia a mio avviso proprio l’elemento più debole del romanzo, che si sviluppa senza la solida costruzione narrativa di indizi e incastri cui l’autore ci aveva abituato.
Infine l’umanità di Montalbano, la sua disciplina di sbirro, che lo porta a fare il proprio lavoro con immutato senso del dovere, contrapposta alla sua anima di uomo, incapace di guardare il corpo martoriato della sarta che aveva suscitato la sua immediata simpatia, stanco di affrontare la tragedia umana che ogni notte si presenta uguale ai suoi occhi, consapevole delle troppe brutalità incontrate nel corso del tempo. Per fortuna c’è ancora la semplice quotidianità a regalare a lui e a noi un sorriso: l’efficienza di Fazio, l’ingenuità di Catarella, la superficiale simpatia di Mimì, un pranzo saporito gustato in silenzio, la chiacchierata col granchio che ogni giorno lo aspetta al molo al termine dell’abituale passeggiata digestiva. E un buon libro: Montalbano legge Rocco Schiavone e noi leggiamo Montalbano.
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Sinceramente ho letto anch'io troppo poco di questo autore, soprattutto nella produzione non legata al commissario Montalbano, ma l'ho sempre apprezzato molto per il suo modo leggero e allo stesso tempo profondo di raccontare la Sicilia e, più in generale, i caratteri umani, anche in un giallo. Mi riprometto invece sempre di leggere Simenon, che conosco davvero pochissimo, ma poi rimando. Che sia questa la volta buona?
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